25-05-2021

How will we live together, le prime impressioni dalla 17a Biennale dell’Architettura

Hashim Sarkis,

Marco Zorzanello, Andrea Avezzù, Francesco Galli,

Biennale di Venezia,

Legno,

Biennale di Venezia,

Sabato 22 Maggio ha aperto con un anno di ritardo la 17a Biennale dell’Architettura di Venezia, curata da Hashim Sarkis. Alla domanda posta del curatore “How will we live together?” sono arrivate risposte molto diverse tra di loro e con tanta ricerca su passato e presente, ma dalle limitate visioni sul futuro.



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How will we live together, le prime impressioni dalla 17a Biennale dell’Architettura La domanda sulla nostra coesistenza posta per la 17a Biennale dell’Architettura di Venezia, quella tra noi esseri umani, la natura e un mondo in rapida evoluzione, fortemente scosso dalla pandemia Covid-19, è sicuramente importantissima. Il curatore Hashim Sarkis in conferenza stampa ha comunque spiegato il motivo per cui l’ha fatta agli architetti piuttosto che ai politici (link news Agnese). Eppure, dopo i due giorni di preview della 17a Mostra Internazionale dell’Architettura della Biennale di Venezia si potrebbe concludere che una domanda di tale portata è troppo complessa per essere affrontata solamente dal punto di vista architettonico, in quanto andrebbe pensata, appunto, da tutte le parti in causa.
Non a caso alla base di alcune mostre abbiamo trovato molta ricerca storico-sociologica. Un approccio sicuramente fondamentale, perché solamente se si comprende nel dettaglio da dove si arriva e come si vive oggi, si può avere una visione chiara in merito a dove si sta andando o si vuole andare. A questo proposito, su Livegreenblog, nelle prossime settimane approfondiremo alcune delle partecipazioni nazionali e il loro approccio alla domanda posta dal curatore. E lo faremo attraverso delle interviste fatte durante i giorni di preview.
In generale, a causa degli effetti della pandemia, alcune nazioni non sono riuscite a realizzare una mostra, e questo si è notato, altre invece hanno preferito optare per una presenza “light”. Tra questi 2038, The New Serenity, il Padiglione Germania i cui contenuti si possono visualizzare via Hubs di Mozilla, dando quindi la possibilità a tutti di esplorarli in modo covid-safe e accessibile. Un’idea affascinante e molto democratica, ma, se guardiamo dal lato pratico, dopo lunghi mesi passati in spazi virtuali, qualcosa di più tangibile in loco avrebbe fatto piacere.  
Per quanto riguarda il materiale più intensamente utilizzato in quest’edizione della Biennale il primato spetta al legno. Questo materiale spazia da American Framing del padiglione degli Stati Uniti, dove all’ingresso è presente una scultura lignea esplorabile e che introduce al tema, davvero interessante, della maggioranza del patrimonio architettonico statunitense basato appunto su costruzioni in legno, fino a New Standards del Padiglione della Finlandia. In questo secondo caso viene raccontata, in maniera affascinante, la storia delle case prefabbricate appunto in legno. Inoltre, all’interno del Padiglione Nordico, completamente rivestito in legno, la scultura di ELEMENTAL, realizzata in ricordo della tradizione dei Mapuche da Alejandro Aravena, curatore della 15a Biennale dell’Architettura nel 2016, auspica a una convivenza pacifica tra i popoli. In compenso però, esplorando la Biennale non si è riscontrato alcun accenno a come assicurare un uso sostenibile del legno che, come risorsa naturale, si basa sulla silvicoltura, una disciplina importante per assicurare il futuro del nostro pianeta.
A proposito delle discipline, ci si sarebbe aspettato di vedere più architettura del paesaggio e più urbanistica, questo perché se l’architettura è di per sé rivolta verso il futuro, allora a maggior ragione il suo impatto su quanto avverrà è valido se si parla di masterplan o di progetti paesaggistici. In fondo è in questi casi che passano decenni dai primi schizzi alla completa realizzazione.
Tra il Padiglione della Biennale ai Giardini alle Corderie dell’Arsenale sono sicuramente piacevoli le installazioni che hanno fatto uso del colore. Alcune però presentano spiegazioni e didascalie indirizzate ai soli addetti ai lavori, mettendo in evidenza il grande bisogno di una comunicazione dell’architettura più chiara. Insomma, come vivremo insieme lo dobbiamo ancora capire, ma certamente la soluzione dipende da noi tutti, non solo dagli architetti. Chissà se nel 2022 troveremo delle risposte alla Biennale dell’Arte o alla documenta15. La speranza c’è.
Nel frattempo, consigliamo una sosta al Padiglione della Danimarca, curata dalla storica dell’arte danese Marianne Krogh, per immergerci in “con-nect-ed-ness” e capire quanto si sia tutti profondamente interconnessi con il mondo. Una vera esperienza che va oltre le informazioni.
Seguiteci nelle prossime settimane con altri appuntamenti dedicati alla Biennale.

Christiane Bürklein

17a Mostra Internazionale di Architettura delle Biennale di Venezia
How will we live together, curata da Hashim Sarkis
dal 22 maggio al 21 novembre 2021
Venezia, Italia
Immagini: Andrea Avezzù, Francesco Galli, Marco Zorzanello - courtesy of La Biennale
Ulteriori informazioni: https://www.labiennale.org/

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