02-11-2022

Ludwig Godefroy Architecture: Casa Merida nello Yucatán

Ludwig Godefroy Architecture,

Rory Gardiner,

Merida, Yucatan,

Residenze,

Casa Mérida di Ludwig Godefroy è un esperimento verso l’autosufficienza energetica ma è anche un “giardino abitabile” in cui sperimentare un nuovo e più completo rapporto tra ambienti interni e spazi aperti. Gioca un ruolo fondamentale la storia dello Yucatán.



Ludwig Godefroy Architecture: Casa Merida nello Yucatán

Racconta Ludwig Godefroy, progettista della Casa Mérida, nell’omonima città capitale dello Yucatán, di aver affrontato questo intervento con lo scopo di affrancare la nuova architettura dalla dipendenza energetica che tutta l’edilizia più recente ha subito. Va considerato infatti che Mérida ha un clima caldo tutto l'anno, con temperature fino a 40°C nel mese di maggio e un livello di umidità molto elevato.
È sempre più diffusa l’idea che l’architettura debba evolvere verso un modello più autosufficiente del costruire, che debba quindi utilizzare risorse passive e approvvigionarsi di materiali e di manodopera che non impattino sull’ambiente con i loro lunghi trasporti. La riflessione interessante da parte del messicano Ludwig Godefroy è quella di cercare la soluzione nella storia e nella cultura architettonica del suo paese, cioè in come si è sempre operato prima che, per esempio, il raffrescamento indotto meccanicamente diventasse non solo la normalità, ma anche imprescindibile per la vita urbana.
Mérida è una grande città che vive sull’equilibrio tra il lessico architettonico degli spagnoli, che la fondarono nel Cinquecento, e quello del popolo Maya. Racconta Godefroy: “Benché questa civiltà sia scomparsa molto tempo prima dell'arrivo degli spagnoli, il popolo e le lingue Maya sono sempre sopravvissuti ed esistono ancora oggi, ed è questo che ha sempre reso questa regione unica e diversa da qualsiasi altra in Messico; una sorta di piccolo paese nel paese, con un suo proprio modo di pensare.”
Per questa nuova abitazione, su un terreno che si trova proprio nel tessuto più antico dai caratteri coloniali, a poca distanza dalla Plaza Grande, l’architetto ha rintracciato e portato all’attualità i tratti vernacolari di quello che definisce una sorta di “tropicalized colonial style” . Si tratta dell’alternanza tra vuoti e pieni, tra patii e stanze che stimolano il naturale flusso dell’aria facendo uscire quella più calda. Uno strumento progettuale che è da un lato una strategia ambientale e dall’altro un riferimento a ciò che gli abitanti di Mérida possono sperimentare con i loro occhi nel paesaggio dello Yucatán.
In virtù delle condizioni del sito, assimilabile a un vicolo di 8 metri di larghezza e ben 80 metri di lunghezza, che si incunea tra le altre costruzioni, è nato il parallelismo con un elemento tipico dell’architettura Maya cioè il “Sacbé”, letteralmente “il sentiero bianco”, il percorso dalla valenza sacra che collegava in linea retta tra loro i monumenti della cultura indigena, come templi, piazze, piramidi e cenotes di una città. Nella casa Mérida è stato tracciato un sacbé, sfruttando proprio la prospettiva dettata dall’area, dall’ingresso fino all’estremità, occupata da una grande piscina.

Parallelamente al confine del sito, una parete di cemento e pietre sbozzate, il progetto ha previsto un secondo muro, che divide nettamente la casa in due parti, il sentiero prospettico da un lato, che funge anche da corridoio di circolazione, e gli ambienti dall’altro. Oltre a essere elemento di composizione, tale parete è anche la struttura che sorregge le lastre cementizie del sistema di copertura ed infine, per la sua conformazione, è lo spazio in cui circola aria spontaneamente.
Oltre l’asse trovano sede le cosiddette stanze “interne” che però interne non sono veramente. Una delle eredità dell’architettura tropicale è infatti quella dell’alternanza tra spazi coperti e scoperti, dove i confini tra l’uno e l’altro non sono mai netti ma compenetranti, come fluido e libero è il percorso che disegnano. “Questa casa si prefigge di far sparire i nostri riferimenti urbani quotidiani mutuati da Città del Messico, dove si vive dietro le grandi vetrate del proprio appartamento, per favorire una vita all'aperto, in cui la casa rivoluziona il concetto base della facciata; la casa non rinchiude le persone, rimane aperta e respira costantemente, offrendo tuttavia quella sensazione così essenziale di protezione e privacy. Casa Mérida ribalta lo schema classico della casa con giardino per creare un particolare giardino abitabile con la relativa casa” spiega Ludwig Godefroy.
Emergono le influenze della cultura Maya anche su un altro aspetto chiave in tema di sostenibilità, quello delle finiture di superficie. Guardando all’architettura originale di questi territori, quella che si è sviluppata molto prima della colonizzazione, si riscopre e si è influenzati dalla bellezza della muratura nuda, quella della pietra dello Yucatán usata per costruire anche i templi Maya giunti fino a noi. La pietra si unisce qui al cemento naturale, lasciati entrambi molto grezzi, brutali, come usa spesso l’archietttura messicana degli ultimi decenni. In questo modo però si è ottenuto anche il vantaggio di non impattare con ulteriori strati materiali, con vernici per esempio. Inoltre questi materiali acquisiscono la cosiddetta patina del tempo, trasformandosi in simbiosi con la natura e disegnando un nuovo paesaggio. “Il cemento grezzo è stato utilizzato anche per pavimenti e pareti, industriale ma prodotto localmente a Mérida, il principale materiale strutturale. Infine, per controllare la luce sono state progettate porte e finestre a persiana in legno massiccio. La costruzione è al 90% realizzata in loco, con materiali locali e muratori e carpentieri dello Yucatán, una sorta di moderna reinterpretazione di cosa può significare architettura vernacolare” conclude Godefroy.

Mara Corradi

Architects: Ludwig Godefroy Architecture www.ludwiggodefroy.com
Completion: 2018
Built surface: 250 sqm
Location: Mérida, Yucatán, México

Photos by: Rory Gardiner www.rory-gardiner.com


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