17-07-2019

Tato Architects: Blend Inn hotel a Osaka

Tato Architects,

Shinkenchiku-sha,

Osaka, Giappone,

Hotel,

Tato Architects / Yo Shimada ha progettato il Blend Inn, un piccolo hotel a Osaka. Il suo scheletro di cemento grezzo può essere sfruttato con qualsiasi programma. Arredato con interni colorati, il Blend Inn di Tato Architects vuole spingere la gente a riscoprire il quartiere.



Tato Architects: Blend Inn hotel a Osaka

Lo studio Tato Architects di Yo Shimada ha partecipato al progetto di un nuovo edificio pensato fin dall’inizio come strumento di valorizzazione del quartiere in cui sarebbe sorto. Ci troviamo nei pressi della Stazione di Nishikujo, una delle stazioni della linea circolare di Osaka, in Giappone, una zona molto frequentata dagli artisti e in cui molti di loro hanno deciso di stabilire il proprio atelier. L’atmosfera disordinata di questo quartiere ha stimolato l’idea di uno stile di vita più libero e controcorrente, cui soprattutto l’architettura contribuisce. Proprio da un artista e da un’impresa di costruzioni da lui coinvolta nasce il progetto di erigere un nuovo hotel che erediti in tutto e per tutto la filosofia del quartiere, diventandone una vera e propria bandiera.
I problemi finanziari che si verificano vedono l’entrata in gioco di una società immobiliare, che acquista la proprietà con l’accordo di affittare gli interni del nuovo complesso all’impresa. E così accade. Non essendovi però una precisa e definitiva destinazione d’uso a lungo termine, il progetto di Tato Architects si sviluppa secondo un principio di flessibilità di utilizzo che incide prima di tutto sulla struttura. La scelta verte su uno scheletro in cemento armato, una scatola composta da moduli cubici di 3 m e 20 cm per lato, che si sviluppa su 3 livelli con copertura piana, in cui sono state ricavate ampie vetrate quadrate. La scansione regolare delle facciate e la banalità formale che ne risulta rendono molto visibile questo oggetto architettonico nel suo quartiere, senza di fatto connotarlo immediatamente come un hotel.
Lasciato completamente a vista, il blocco cavo di cemento allude all’immagine del cantiere aperto, delle strutture provvisorie, come a quelle abbandonate e occupate. Questa operazione di ospitalità si avvicina alla cultura del vivere la strada, delle performance urbane, delle installazioni estemporanee. La presenza di tendaggi di colori diversi a ogni finestra è a distanza il solo indizio di un coordinamento interno. Avvicinandosi invece, l’idea di trovarsi di fronte a una qualche forma di residenza condivisa si fa strada per la presenza di una pavimentazione esterna in mattoni permeabili all’acqua che abbraccia l’edificio su tre lati, invadendo la strada privata a est fino a lambire l‘edificio dependance dell’hotel. Il concetto di condivisione dello spazio pubblico-privato, annunciato da facciate permeabili e di forte impatto visivo come quelle del Blend Inn, trova conferma in una strada privata che, con questa operazione di rifacimento completo della pavimentazione, si apre al pubblico passaggio.
Il superamento di un confine percettivo tra privato e pubblico, coinvolge poi anche il primo spazio di accesso all’hotel sul fronte a nord, che adotta la medesima superficie in mattoni, in una sorta di portico che fa da filtro tra la strada e l’ingresso vero e proprio.
All’interno, oltre la reception, il piano terra ospita un grande salone, in cui consumare i pasti o chiacchierare. Affacciato sulla via a est con 4 finestre, è il cuore dell’hotel, uno spazio a doppia altezza che mette in comunicazione il piano dell’accoglienza con il primo piano delle camere. Sul lato opposto sono stati collocati i servizi, come le cucine, utilizzabili liberamente dagli ospiti, il blocco dei bagni che proseguirà fino al secondo livello e le scale. Con affaccio sul piano terra, il corridoio del primo livello offre alle camere un lungo e stretto tavolo di appoggio quale luogo di condivisione. Le camere sono tutte a pianta quadrata, eccetto quelle che uniscono due moduli per ospitare più di due persone. Un modulo al secondo livello accoglie una scala esterna in metallo, a sbalzo sull’ingresso, che conduce alla terrazza.
Gli arredi sono parte integrante del progetto e rispondono alla stessa filosofia che vuole creare un legame tra il nuovo edificio e il vissuto di quartiere. Realizzati con materiali di recupero o riciclando e adattando parti di arredi dismessi, sono stati costruiti da artisti e associazioni locali.

Mara Corradi

Architects: Tato Architects
Team: Yo Shimada, Nobuhiko Sato
Location / 1-24-21 Baika, Konohana-ku, Osaka-shi, Osaka-fu, Japan
Beginning of the work: 2017
Completion: 2017
Structure: Eisuke Mitsuda Structural Design
Team: Eisuke Mitsuda,Keisuke Unno
Planting: COCA-Z/Tatsuya Kokaji
Fabric: Fabricscape
Team: Kiyohiko Yamamoto,Yuriko Nagayoshi
Ligthing: New Light Pottery/Hiroyuki Nagatomi
Construction: Technotrust
Main structure: Reinforced Concrete Construction
Site Area: 188.83 sqm
Building Area: 119.47 sqm
Total Floor Area: 298.44 sqm
Photos by: © Shinkenchiku Sha

https://tat-o.com/


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