03-11-2020

SO - IL

SO–IL,

Laurian Ghinitoiu, Iwan Baan,

Architettura e Cultura,

“La percezione sensoriale di un discorso, di una persona o di un'opera d'arte è un processo estremamente sofisticato, che va oltre l'atteggiamento razionale con cui siamo stati abituati a interpretare la realtà”,—  Ettore Sottsass



<strong>SO - IL</strong> "Creati una tua cultura, trova una tua incrinatura, sviluppa una tua resistenza. Ci vuole maggiore forza ad essere flessibili. Una forma che non può essere disegnata è più difficile da immaginare."— Jing Liu, SO - IL

La coppia è molto internazionale, Florian è olandese e Jing di origini cinesi e, come essi stessi dichiarano, presentando la filosofia che sta alla base del loro lavoro, amano connettersi nel vero senso della parola con differenti culture e relativi paesi. I due, coppia nella vita e partner nell’attività come si confà ad uno studio di architettura cosmopolita, aperto verso il mondo senza limitazioni di confini geografici, hanno realizzato progetti che abbracciano Nord-America, Asia ed Europa, che attestano tutti, come caratteristica comune, il coinvolgimento personale e la passione che li anima e li porta a raggiungere un’autentica interazione con l’ambiente e la comunità. Lo spazio viene analizzato non solo nella sua fisicità, ma valutato nei suoi risvolti e nelle sue ripercussioni storiche, sociali e sotto aspetti di prospettive future.

Il Museum of Art di Davis, primo museo d’arte contemporanea della città e dell’università della California, è un esempio particolarmente significativo di cosa i due architetti intendano per approccio contestuale. Una grande tettoia bianca sovrasta l’edificio, protendendosi con delicato atto di accoglienza a coprire l’ampia area prospiciente l’ingresso. Si tratta di un’estensione di 50.000 piedi quadrati, forse l’elemento più distintivo del complesso, composto da travi in ​​alluminio triangolari perforate su misura, frutto di calcoli ingegneristici e di grande maestria artigianale. Lo schema ripetuto di sezioni contigue che si rivelano diversificate ed in omogenea uniformità si espande con andamento curvilineo ed armoniosa fluidità lungo l’intera superficie di copertura, vivificando le parti sottostanti grazie all’alternarsi di luci ed ombre proiettate attraverso la permeabilità di una griglia dalla trama molto perforata. Vista dall’alto la sequenza dei segmenti che si dipana a formare questo manto di rivestimento suggerisce il pattern geometrico dei campi agricoli circostanti ma si leggono altre finalità, come la dinamicità della struttura che accompagna ed accentua l’intensa attività dell’istituzione, non dedita solo ad esposizioni ma a diversi programmi artistici. Un altro dettaglio, il complicato assemblamento, ottenuto avvalendosi della sperimentalità di ricerche all’avanguardia, appare voler raccontare con molta enfasi quanto l’ambiente sia estremamente vivo ed innovativo. Uno stage che vede avvicendarsi molteplici eventi, aperto a studenti e pubblico che potranno interagire e fare arte in modo veramente anticonvenzionale. Il complesso dopo l’intervento ha annullato i limiti tra sfera istituzionale e civica. Si presenta come nodo focale pubblico, accessibile a tutti e questa nuova valenza la ritroviamo in quella porosità riproposta in chiave allusiva dalla copertura.

Jan Shrem and Maria Manetti Shrem Museum of Art, 2016, Davis Museum of Art. SO - IL + Bohlin Cywinski Jackson. Photo Iwan Baan /courtesy of SO - IL

Nel corso della carriera dei due si sono presentate altre situazioni dove il problema più rilevante era costituito da un paesaggio fortemente connotato dal carattere del passato con cui si doveva trovare una certa coerenza, per non esprimersi in modo stridente. Kukje Gallery in Seoul, centro d’arte di esposizione di artisti coreani ed internazionali tra i più interessanti del panorama attuale, affronta una dicotomia difficile da conciliare: soddisfare l’esigenza formale di contenitore contemporaneo, il più possibile minimalista ed essenziale e l’esigenza di adeguamento ad un tessuto storico urbano, di cui è parte. Una dualità che viene risolta avvolgendo la rigorosa nudità di un cubo bianco, che si rivela in disarmonico contrasto con le strade in vecchio acciottolato e le tradizionali case hannok, con il rivestimento impalpabile di una rete metallica. La drappeggiatura del velo, un gesto in consonanza con l’andamento sinuoso dei tetti circostanti, conferisce continuità e ammorbidisce la rigidità di linee e contorni, animata dai giochi della luce ed i suoi riflessi. La maglia, una concatenazione di una quantità incredibile di anelli, è lavorata interamente a mano. È grazie a questa eccellente scelta che trova una vera e propria sinergia, che non è un compromesso, la conflittualità tra un passato artigianale ed un presente basato su processi computazionali. La rete è stata studiata a computer ed affidata ad artigiani, che l’hanno realizzata con procedimenti tramandati da generazioni. Una vera e propria celebrazione di un patrimonio vernacolare che si perpetua e trova rispettoso ossequio nei giorni correnti, che non vogliono dimenticare i loro prodromi ancestrali. 

Kukje Gallery in Seoul, South Koreal. SO - IL. Photo: Iwan Baan /courtesy of SO-IL

SO-IL non rifiuta le tecniche più recenti e sofisticate, lavora in stretta collaborazione con gli ingegneri e si avvale della modellazione BIM, per massimizzare l'efficienza dei materiali, ridurre i costi di manodopera e garantire tempi più veloci sincronizzando il team di progettazione-costruzione ma pretende che la fase odierna si adoperi ad approfondire e a garantire motivi di una tradizione importanti che non devono scomparire. C’è un altro aspetto che merita una considerazione e sottolinea con maggiore forza emblematica questo recupero, il fatto che una galleria, che accoglie le più alte attestazioni artistiche avanguardistiche, si comporti con tanta reverenza nei confronti di un’epoca trascorsa e ormai lontana. Il presente, impregnato del passato, ne inoltra in eredità l’essenza al futuro, assicurando la trasmissione di quei valori che garantiranno ad ognuno un senso di appartenenza. Queste lievissime nuove pelli, che caratterizzano entrambe i progetti, sono state a ragione interpretate da qualcuno come un’aura che si irradia dagli edifici, un modo caro alla coppia per comunicare emozioni e dialogare. 

L’installazione, 'Blueprint', che vede per una volta la facciata dello Storefront for Art and Architecture di New York avvolta strettamente da una plastica bianca, non si discosta da questa forma di linguaggio e trasmette con il suo immacolato, scultoreo silenzio qualcosa di inespresso ma molto potente. Con la tecnica cosiddetta della naftalina, usata per mettere momentaneamente le cose a parte, Liu e Idenburg intendevano creare una pausa e fare riflettere i passanti su come tenere aperta nel cuore dell’inverno la galleria, connotata da ampie aperture geometriche pivot. L’intervento ha sortito, con la sua apparente immobilità, una reazione che ha procurato ai due autori una soddisfazione ancora maggiore, tanto eloquente quanto inaspettata: il giorno successivo l’intero avvolgimento è stato ritrovato spruzzato da graffiti, ‘animato’ per così dire, da una risposta che tanti creativi amerebbero provocare. L’atto di aver fatto ricorso ad una bomboletta spray per lasciare attestazioni colorate sulla tela bianca di un centro d’arte appare come una provocazione altrettanto artistica e fa intendere il desiderio di enfatizzare una completa adesione alle finalità del progetto.

'Blueprint' Installation at Storefront for Art and Architecture in New York. SO - IL. Photo Iwan Baan /courtesy SO-IL. 

L’installazione come forma di durata limitata soddisfa appieno le esigenze dei due architetti: lavorare su progetti temporanei li aiuta, come essi stessi dicono, a trovare ed offrire nello stesso tempo risposte veloci ad idee e condizioni che riescono ad affascinarli e ad incuriosirli. I processi di attuazione sono molto snelli e non certo paragonabili all’iter lento che contraddistingue il mondo dell’architettura. Il genere narrativo dell’istallazione seduce entrambi, in quanto astratto e fortemente allegorico. Usando questo tipo di espressione, in un certo senso universale, possono parlare al cuore della gente e, giocando su una deliberata ambiguità, che non prende di proposito posizione tra implicito ed esplicito, ognuno avrà la possibilità di leggere ed interpretare la presenza che gli sta dinanzi secondo il proprio coinvolgimento, bagaglio culturale ed emotivo.

Come riconoscimento della loro vena creativa e delle loro bellissime scenografie il Museo di Architettura di Lisbona, MAAT, ha organizzato quest’anno la mostra ‘Currents- Temporary Architectures’, dedicata a 12 di queste realizzazioni. Pole Dance, certamente da menzionare per quella sua verve, piena di vivacità e di colore, definito da Wall Street Journal  “un progetto divertente di una coppia seria”, ha guadagnato loro la vittoria nel 2010 del concorso annuale MoMA PS1 Young Architects Program di New York. Una griglia di pali flessibili ed inclinati, tenuti uniti nella parte superiore da una rete elastica, allestita nell’area esterna di PS.1 Contemporary Art Center, invitava la gente a saltare e rimbalzare a piedi nudi tra una quantità di palle dai forti colori pastello. L’ambiente estremamente partecipativo proponeva come gioco il riuscire a mantenere l’equilibrio del sistema interconnesso. “Una fantasia di comunitarismo a rete” che, al di là dell’attrattiva e dinamica atmosfera energetica aveva lo scopo di fare emergere problemi urgenti di ‘sostenibilità' sia geopolitica che esistenziale, consapevolizzando di un sistema interconnesso il cui equilibrio si regge sulle nostre azioni oltre a fattori ambientali, strettamente legati ai fenomeni atmosferici. 

'Pole Dance' Installation in the courtyard of ​​PS.1 Contemporary Art Center in New York. SO - IL. Photo Iwan Baan /courtesy of SO-IL. 

La spettacolarità di questa installazione è stata veramente dirompente e trainante, la perfetta sincronia cromatica dei giocosi accostamenti di tonalità vivaci ed intensi, associata a tanta sfrenata fantasia e sublimata dalla performance dei campioni americani di pole dance, ha causato un responso emozionale collettivo unanime che ancora oggi riviviamo, a dieci anni di distanza, nelle inquadrature degli scatti fotografici. Una coreografia di tale freschezza e piacevolezza da lasciare forse un pò in ombra per molti entusiasti la vera ragione a cui si voleva che fosse rivolta l’attenzione. L'ispirazione allude alle performance del teatro di Oskar Schlemmer, artista tedesco del Bauhaus, il cui lavoro, definito come una 'festa di forma e colore', sperimentava rigorosi costumi geometrici e scenografie, che in scena si sarebbero trasformati con il movimento dei corpi dell’attore.

Sono molti altri gli spunti estremamente accattivanti che danno vita a giocose interazioni in cui i partecipanti hanno la libertà di determinare il finale. Scelta nel 2011 la città di Chengdu, che già dieci anni fa rappresentava emblematicamente la drammatica, rapida crescita urbana avvenuta in Cina, affrontano il grave, diffuso fenomeno creando una narrativa ludica dall’estetica incantevole, ‘Pollination’. I ‘giocatori’ vengono invitati a noleggiare  una bicicletta, avendo a disposizione ‘bombe di seme’, piccoli palloncini verdi ed azzurri contenenti simbolici ‘semi’ di ipotetiche, future piante e bacini d’acqua, che dovranno lasciar cadere a loro piacimento nei punti, a loro discrezione, più adatti di una famosa piazza chiamata Garden City, che, con una certa ironia nei confronti del nome, si presenta completamente lastricata in cemento. Una mappa speculare digitale monitorizzava ed aggiornava nel contempo il giardino in crescita grazie all’immaginazione dell’individuo e della collettività. Un tentativo di responsabilizzare e rendere i cittadini più partecipi degli accadimenti della propria città. 


‘Pollination’ in 2011, Chengdu Biennale in China. SO - IL. Photo courtesy of SO-IL. 

In uno scenario che evoca il mondo fiabesco di una foresta, ma sottintende moniti che non condividono la dolcezza del sogno, si aggirano tra le piante quattro presenze con un aspetto davvero strano ricoperte dalla testa ai piedi con ampi scafandri traslucidi. Un momento estremamente catalizzante che intriga con la sua forza carismatica. È la rappresentazione tanto imprevista quanto brillante di ‘L’air Pour l’air’, una sinergia fra effetti sonori ed ambientali, realizzata con il contributo dell’artista Ana Prvački ed un brano della compositrice Veronica Krausas in occasione della Biennale di Architettura di Chicago 2017. La collaborazione con ‘addetti al lavoro’ dei settori più disparati è una componente vitale che si ripete frequentemente nelle realizzazioni di SO-IL e contribuisce al forte magnetismo esercitato dalle performance.


'L'air Pour l'air' in Garfield Park Conservatory, Chicago Architecture Biennial 2017. SO - IL with Ana Prvački, Veronika Krausas & Chicago Sinfonietta. Photo Laurian Ghinitoiu / courtesy of SO-IL. 

L’installazione, focalizzata sulla preoccupazione per la qualità dell’aria e le conseguenze dell’inquinamento ambientale sulle nostre esistenze, sceglie come cornice l’esuberante fondale verde del Conservatorio di Garfield Park. Gli attori, ognuno con uno strumento ad aria, formano un quartetto che suona e danza su questo palcoscenico vegetale avvolti da stoffe bianche modellate sui loro corpi in modo da lasciare quello spazio minimo, sufficiente per abbracciare gli strumenti ed avere l’aria per poterli suonare. Il bianco nella sua purità ha il potente effetto di evidenziare nell’analogica contrapposizione la condizione di rischio a cui siamo quotidianamente sottoposti per l’aggravarsi della situazione atmosferica delle nostre città, così come fa la musica che, uscendo dai rivestimenti in tessuto, amplifica l’importanza del nostro respiro, trasformandolo in vibrazioni sonore. Gli effetti e i riflessi della rete in PVC, provocati dal tipo di confezionamento e dai movimenti sotto la luce del giorno, accrescono la carica seducente della creazione. Una scelta immaginifica ed un modo estremamente poetico per tradurre un messaggio dal sapore inquietante.


Breathe, Mini Living, Milan Design Week 2017. SO - IL. Photo Laurian Ghinitoiu / courtesy of SO-IL. 

E vorrei che a concludere fosse uno sguardo su quel futuro che potrebbe riservare un nuovo tipo di abitazione, che ci permetterà di relazionarci con il contesto naturale nel vero senso della parola. Nel distretto di Tortona, spazio dedicato a nuove frontiere del design e della creatività, in occasione di Milano Design Week 2017, su un’area inutilizzata di 50mq è stato creato un prototipo abitativo che si adegua ad un possibile prossimo tipo di vita. ‘Breathe’, assecondando le caratteristiche che gli conferisce il nome, si sviluppa come una sorta di formazione organica, con affinità ad un nido che, cresciuto lungo la verticalità di una parete di supporto, ha finalmente raggiunto la sua meta fra i tetti, a contatto del cielo aperto. Avvolta dalla rete bianca, flessibile e semitrasparente di un tessuto autopulente, in grado di purificare l’aria, riciclabile e riusabile, un’icona direi ricorrente nel repertorio SO-IL, una famiglia di tre persone può vivere l’ambiente circostante, assistendo alle variazioni atmosferiche e lasciandosi cullare la notte dal chiarore lunare sul piccolo roof garden al top dell’impercettibile telaio modulare metallico. Una casa invasa dalle piante, che accoglie gli ospiti all’ingresso nella convivialità della grande zona cucina a vista ed è collegata nella sua interezza da una scala a chiocciola, che unisce i tre piani superiori dedicati sia al relax che al lavoro. Tutto è stato predisposto per reagire positivamente ai differenti climi e per soddisfare le esigenze di uno spazio microclimatico. Un facile smontaggio e rimontaggio ci prospettano esperienze al momento inesplorate e forme di vita nomadiche. 

Virginia Cucchi

Credits: 

SO-IL 
http://so-il.org/

Jan Shrem and Maria Manetti Shrem Museum of Art, 2016
University of California, Davis
Team: Florian Idenburg, Ilias Papageorgiou, Jing Liu, Danny Duong, Seunghyun Kang, Nile Greenberg, Pietro Pagliaro, Andre Herrero, Madelyn Ringo, Jacopo Lugli, Kevin Lamyuktseung, Alvaro Gomez-Selles Ferndandez
Collaboration with Associate Architect: Bohlin Cywinski Jackson
Photographs: Iwan Baan /courtesy of SO-IL

Kukje Gallery- K3, 2012
Seoul, South Koera
Team: Florian Idenburg, Jing Liu, Ilias Papageorgiou, Iannis Kandyliaris, Cheon-Kang Park, Sooran Kim, Seunghyun Kang
Photographs: Iwan Baan /courtesy of SO-IL

Blueprint 2015
Storefront for Art and Architecture, New York, USA
Team: Florian Idenburg, Jing Liu, Max Hart Nibbrig
Collaborators: Sebastiaan Bremer
Photographs: Iwan Baan /courtesy of SO-IL

Pole Dance 2010
MoMA PS1 Young Architects Program Competition, MoMA PS1, New York, USA
Team: Ted Baab, Florian Idenburg, Iannis Kandyliaris, Daniel Kidd, Eric Lane, Jing Liu, Ryan Madson, Kenzo Nakakoji, Ilias Papageorgiou, Cheon-Kang Park, Liz Shearer
Photographs: Iwan Baan /courtesy of SO-IL

Pollination 2011
Chengdu Biennale, Chengdu, China
Team: Florian Idenburg, Jing Liu, Iannis Kandyliaris, Ted Baab, Nicole Passarella
Photographs: courtesy of SO-IL

L'air pour l'air, 2017
Chicago Architecture Biennial, Chicago, USA
Team: Florian Idenburg, Jing Liu, Ilias Papageorgiou, Seunghyun Kang, Anna Margit, Diandra Rendradjaja, Yan Ma, Qionglu Lei, Sophie Nichols
Collaboration with Ana Prvački, Veronika Krausas, Chicago Sinfonietta
Photographs: Iwan Baan, Laurian Ghinitoiu /courtesy of SO-IL

Breathe, 2017
Mini Living, Milan, Italy 
Team: Florian Idenburg, Jing Liu, Ilias Papageorgiou, Ian Ollivier, Pietro Pagliaro, Isabel Sarasa, Iason Houssein, Alvaro Gomez-Selles-Fernandez
Photographs: Laurian Ghinitoiu /courtesy of SO-IL


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