23-05-2019

Philippe Sarfati vincitore Open Sony World Photography Awards 2019 categoria Architettura

Herzog & de Meuron, Zaha Hadid Architects, Renzo Piano, Norman Foster, Sou Fujimoto, Philippe Sarfati, OMA, Sanaa,

Philippe Sarfati,

Architettura e Cultura,

Fotografia,

Il giovane architetto francese Philippe Sarfati ha vinto, nella categoria Architettura, il concorso Open più grande al mondo del Sony World Photography Awards 2019.



  1. Blog
  2. News
  3. Philippe Sarfati vincitore Open Sony World Photography Awards 2019 categoria Architettura

Philippe Sarfati vincitore Open Sony World Photography Awards 2019 categoria Architettura Il giovane architetto francese Philippe Sarfati ha vinto, nella categoria Architettura, il concorso Open più grande al mondo del Sony World Photography Awards 2019. La fotografia Heatwave ritrae, che ritrae il 21st Century Museum of Contemporary Art di SANAA a Kanazawa in Giappone, è parte del suo progetto a lungo termine Territories.


Con oltre 327.000 immagini inviate, il numero più alto mai presentato finora al Sony World Photography Awards, manifestazione annuale organizzata da 12 anni dalla World Photography Organisation e con quattro sezioni, Professional, Open, Student and Youth, Philippe Sarfati ha avuto una dura concorrenza. 
La fotografia d’architettura premiata Heatwave, presentata nella sezione Open, fa parte del suo progetto a lungo termine Territories e ritrae il 21st Century Museum of Contemporary Art di SANAA a Kanazawa in Giappone. Lo fa in modo inaspettato, in quanto la serie Territories di Sarfati, che condivide in anteprima con Floornature, gioca con la nozione di ritrattistica contestuale però riferita all’architettura. Infatti da un lato utilizza l'architettura come cornice, focalizzando le composizioni su un soggetto dai volumi audaci e dalle linee decise, mentre dall'altro  le persone danno un significato e una scala agli spazi mostrati. Il loro atteggiamento diventa quindi fondamentale per la percezione dell'atmosfera dell’edificio.
Abbiamo parlato con il giovane architetto francese della sua serie sperimentale, un esercizio ancora in corso. Il tutto parte dal suo interesse per la narrazione, più che della descrizione semplice, nonché della difficoltà di riprodurre fotograficamente molte architetture, una volta costruite. Perché questa, nonostante si basi sul mondo reale e il prodotto costruito, sembra riprodurre ancora gli stessi obiettivi astratti e puri che animano i sempre più perfetti render. Immagini in grado di stuzzicare la curiosità anni prima che le architetture prendono forma, ma che spesso rimangono sterili illustrazioni autocelebrative. 
“Voglio mostrare gli edifici attraverso i loro utenti. Voglio mostrare un momento, quando un individuo interagisce in qualche modo con un edificio, rivelandone qualcosa di particolare. Per fare ciò, ci vuole molto tempo, perché procedo come farei con la fotografia di strada o la fotografia documentale. Di solito non so cosa sto cercando fino al mio arrivo sul posto. Reagisco al modo in cui la gente si comporta dinnanzi all’architettura e cerco di catturare questo momento”, spiega Sarfati. L’architetto prosegue: “Penso che le persone sviluppino un rapporto con lo spazio. E questo è ciò che sto cercando di mostrare: guardando le immagini, la nostra percezione dell'edificio è influenzata dall'atteggiamento della persona ritratta. E la geometria intrinseca della composizione aiuta a mettere a fuoco i soggetti, dà loro un palcoscenico. Nelle immagini, persone e spazi non possono essere separati, sono percepiti insieme, apprezzati insieme, compresi insieme.” Un modo di vedere, come racconta Safarti, ispirato dai documentari di Ila Beka e Louise Lemoine
Questo autore ha iniziato a lavorare alla serie premiata circa tre anni fa e nel frattempo ha evoluto il formato, approdando alle fotografie in monocromo. Una scelta che gli permette di avere un dialogo più intenso e quasi pittorico tra persone e spazi. E il tutto evitando la distrazione data dalla saturazione. Però non lasciamoci ingannare, non si tratta di un ritorno nostalgico al bianco e nero, perché dietro agli scatti di Philippe Sarfati vi è il chiaro desiderio di mostrare gli edifici con un formato insolito per la fotografia di architettura, in cui le persone reali, i veri utenti, fanno la differenza, come possiamo vedere nella gallery che ha deciso di condividere con noi.

Christiane Bürklein

Progetto: Philippe Sarfati - https://philippe-sarfati-archi-photo.squarespace.com/territories
Anno: 2016 - ongoing
Immagini: courtesy of Philippe Sarfati
- the Musashino Art University Library, by Sou Fujimoto, in Tokyo.
- the 21st century Museum of contemporary art, by SANAA in Kanazawa, Japan - the winning photograph.
- Herzog & de Meuron's recent Switch House at the Tate Modern in London
- Foster's Gherkin in London (the two men were guarding the building on Easter Monday. They told Philippe about their life in the building, the little problems they had to deal with because of the design) 
- Inside Dongdaemun Design Plaza, by Zaha Hadid, in Seoul, South Korea
- Herzog & de Meuron's Prada Store in Omotesando, Tokyo.
- the recent Palais de Justice de Paris, by Renzo Piano
- Rotterdam, OMA

Potete seguire Philippe anche su Instagram.

×
×

Rimani in contatto con i protagonisti dell'architettura, Iscriviti alla Newsletter di Floornature