02-07-2018

Architettura sostenibile e durevole, parliamo con Anna Heringer

Anna Heringer,

Stefano Mori,

Rudrapur, Bangladesh,

Terra battuta,

Alla 16a Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia dal titolo FREESPACE, in occasione della sua partecipazione THIS IS NOT A SHIRT, abbiamo incontrato Anna Heringer.



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Architettura sostenibile e durevole, parliamo con Anna Heringer Alla 16a Mostra Internazionale di Architettura - La Biennale di Venezia dal titolo FREESPACE, in occasione della sua partecipazione THIS IS NOT A SHIRT, abbiamo incontrato Anna Heringer. Pluripremiato architetto le cui architetture nascono da un profondo rispetto del luogo, dei materiali e delle persone.


Presente alla Biennale di Architettura nella mostra FREESPACE alle Corderie dell’Arsenale con THIS IS NOT A SHIRT, dove indaga il mondo del lavoro tessile in Bangladesh (link), l’architetto Anna Heringer si dedica anima e cuore alla professione che per lei è molto di più di un abbellimento del nostro ambiente, ma un catalizzatore per lo sviluppo e il cambiamento verso una società più equa e sostenibile. Non solo per paesi come il Bangladesh, dove si trovano molto delle sue opere, ma anche in Africa ed Europa.
Anna Heringer è arrivata in Bangladesh all’età di 19 anni. Aveva l’intenzione di fare un anno come aspirante operatrice dello sviluppo in Africa, in quanto già ai tempi le interessavano le costruzioni in terra battuta, ma alla fine è approdata in Asia. All’epoca, si parla della seconda metà degli anni ’90, il Bangladesh era sinonimo di sovrappopolamento, carestie e inondazioni. Così durante l’anno svolto per l’ONG Dipshika, con la quale continua a lavorare tutt'ora per Didi Textiles, Anna Heringer ha potuto immergersi nella cultura del paese, imparandone la lingua, ovvero il modo migliore per comprendere, amare e farlo diventare parte del suo mondo. Da lì nasce la sua convinzione che oltre 20 anni dopo continua ad animare tutte le sue opere: “Qualcosa è efficiente e sostenibile solamente quando si usano le risorse locali, senza diventare dipendenti dall’esterno”. 
Un approccio che spiega il successo e la durevolezza delle sue architetture. Perché la famosa METI School, completata nel 2006 con materiali e manodopera di Rudrapur, è ancora bella e in uso, 12 anni più tardi, e con solo alcuni interventi di ordinaria manutenzione. Un fatto non scontato, se pensiamo all’ingloriosa fine della Makoko Floating School di Kunlé Adeyemi (link), affondata 2016 a Lagos, Nigeria, o altri interventi del genere, dove la vera fruibilità delle architetture spesso non corrisponde alle aspettative. Anna Heringer spiega il suo modus operandi, quale rispetto e grande senso di responsabilità verso gli utenti. Infatti per lei non si tratta di creare solo degli oggetti, ma bisogna fare la differenza nella vita delle persone a lungo termine. Da qui anche le sue iniziative per migliorare la vita nelle comunità rurali del Bangladesh.
Anna Heringer insegna, in quanto le piace poter formare nuovi colleghi e sottolinea quanto sia importante avere dei punti di riferimento per un giovane architetto. Per lei, da sempre interessata all’architettura fatta con materiali poveri e naturali, come la terra battuta, bambù ecc., lo sono state le tre fondatrici dello studio finlandese Hollmén Reuter Sandman che, da inizio 2000, sono attive nella realizzazione di progetti sostenibili a livello ambientale e sociale, specialmente in Africa. 
Ispirazione per un’architettura che va oltre “l’impaziente capitalismo” della grandi metrature al prezzo più basso e che da un senso più profondo alla professione. In questo contesto abbiamo chiesto a Anna Heringer, da madre, come riesce a coniugare la sua grande passione per l’architettura con la famiglia. Un compito non sempre facile, ma fattibile, grazie al sostegno da parte di tutti i membri della famiglia in un teamwork e con una gestione non tanto dissimile da un cantiere, come ci ha risposto.
In questo momento Anna Heringer è impegnata con due progetti in Europa, uno in Andalusia, l’altro in Austria, entrambi insieme all’architetto Martin Rauch, anche lui specializzato in costruzioni in terra battuta. Si tratta di due strutture dedicate al turismo sostenibile, ottimi esempi per diffondere l’idea di un’architettura naturale, realizzata con i materiali e la manodopera locale, presso un pubblico più ampio. 
A settembre poi partirà la costruzione di un nuovo edificio a Rudrapur, Bangladesh, accanto alla Scuola METI e all'edificio DESI: un centro per le persone con disabilità che comprende un laboratorio per la formazione sartoriale e la produzione tessile equo-solidale.

Christiane Bürklein

Studio Anna Heringer - http://www.anna-heringer.com
METI School:Architektur: Heringer, Roswag - Design/Concept: Anna Heringer - Technical Planning Eike Roswag
Images: see captions: Goats – Stefano Mori, the others Studio Heringer - Aga Kahn Trust for Culture/ B.K.S. Inan
You can help Didi Textiles. The crowdfunding project is still going on: https://wemakeit.com/projects/didi-textiles/

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