26-05-2022

L’arte fatta a mano di Simone Leigh

Mostre,

Simone Leigh, Antonella Galli, Biennale di Venezia, Design,

Non è un caso che l’artista statunitense, premiata con il Leone d’Oro alla 59° Biennale di Venezia, realizzi tutte le sue opere in grès e argilla, inclusi i modelli per le fusioni in bronzo. La sua fonte d’ispirazione primaria è il corpo delle donne nere, tradotto in un universo figurativo di sculture e installazioni a cui è dedicato per intero il Padiglione degli Stati Uniti.



L’arte fatta a mano di Simone Leigh

Le figure di Simone Leigh, artista statunitense - la prima donna nera a rappresentare la sua nazione alla Biennale di Venezia - sono potenti e delicate, silenti e dirompenti, arcaiche e rivoluzionarie. Premiata con il Leone d’Oro per il grande busto ‘Brick House’, parte della collettiva ‘Il latte dei sogni’, è protagonista assoluta del padiglione deli Stati Uniti, che riunisce nove sculture, un video e l’allestimento esterno del padiglione stesso, trasformato in una sorta di edificio africano.

Nata a Chicago da una famiglia di missionari giamaicani, classe 1967, Leigh da due decenni incentra la sua ricerca sul corpo delle donne nere, visto attraverso i temi del colonialismo, del razzismo, della diaspora africana, ma anche della cura, della comunità, della bellezza. Si esprime con sculture, installazioni, video e opere di arte relazionale. Utilizza il grès e le fusioni in bronzo, oltre che materiali naturali come rafia, foglie di tabacco, conchiglie. Tutte le sue opere partono da un’azione manuale, possibilmente da modelli in creta. Spesso hanno tratti iperrealistici, talvolta tendono all’astrazione; sono quasi sempre connesse a un riferimento storico preciso: una fotografia, un personaggio, una situazione. ‘Sovereignity’ è il titolo della sua mostra, commissionata dall’ICA-Institute of Contemporary Art di Boston per il Padiglione USA dei Giardini della Biennale (a Venezia fino al 27 novembre 2022).

La facciata del Padiglione americano, edificato negli anni Trenta del Novecento in stile neoclassico, è trasformata da Leigh in un edificio tribale (‘Façade’); l’artista si è ispirata a vecchie cartoline dell’Exposition Coloniale International di Parigi del 1931, in cui padiglioni etnografici mostravano all’Europa i caratteri dei Paesi colonizzati. Una connessione che sembra giocosa, ma che propone un rovesciamento di prospettiva, un paradosso rivelatore. A sorvegliare l’ingresso del Padiglione, una gigantesca figura in bronzo (‘Satellite’) che richiama una maschera tradizionale a forma di busto femminile utilizzata dalle popolazioni Baga della Guinea per comunicare con gli antenati. In questo caso la maschera è trasformata in un’architettura, il volto ha la forma di un’antenna satellitare, per indicare la possibilità di mandare messaggi, ma anche di intercettare e decifrare i segnali che vengono dall’esterno.

All’interno, la prima opera è la scultura iperrealistica ‘Last Garment’, figura in bronzo di una donna che lava i panni con i piedi immersi in uno specchio d’acqua. Richiama la fotografia di una lavandaia al lavoro (‘Mammy’s Last Garment’ di C.H. Graves) scattata nella Giamaica di fine Ottocento e utilizzata come richiamo per incentivare il turismo caraibico anglofono, suggerendo l’idea di un luogo abitato da una popolazione servizievole e pulita. Un’immagine che solleticava il senso di possesso dei bianchi, l’esatto opposto del tema del padiglione: la sovranità intesa come autogoverno e indipendenza, sia personale, sia collettiva. Leigh si mette dalla parte dell’inconsapevole lavandaia, ne realizza la figura interamente a mano, in argilla, per poi fonderla in bronzo, lavorando sia a partire dalle fotografie, sia copiando dal vivo una modella vestita in abiti d’epoca grazie alla costumista Niki Hall, che ha svolto apposite ricerche sull’abbigliamento di quel periodo storico. L’intento realistico di Simone Leigh si è spinto anche oltre: con lo stesso processo ha realizzato a mano ciascuna delle ottocento rosette di cui è composta la capigliatura della donna intenta a lavare i panni.

“Il lavoro di Leigh inizia con la ricerca, ma le idee emergono anche dalla pratica manuale vera e propria, nel fare la scultura”, afferma Eva Respini, co-commissaria del Padiglione e curatrice, “la mano di Leigh è presente in tutte le fasi della realizzazione. Questa è la ragione per cui le sue opere sono così potenti. La forte presenza della mano dell’artista porta alla luce il tema fondamentale del lavoro delle donne nere, sia fisico, sia intellettuale, che spesso nella storia è stato misconosciuto e trascurato”. L’argilla e la creta per i modelli, il grès porcellanato per molte sculture, sono la materia privilegiata dalla Leigh: ancestrale, terrosa, dialogante, capace di assorbire e restituire in alta fedeltà le emozioni, le riflessioni, i sentimenti dell’autrice.

Antonella Galli

Didascalie e crediti

01, 08, 13-15: Simone Leigh, 2021. Opere © Simone Leigh. Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo credit: Shaniqwa Jarvis
02 Simone Leigh, Martinique, 2022. Grès smaltato (154.3 × 104.8 × 101 cm). Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck. © Simone Leigh
03 Simone Leigh: Façade, 2022. Paglia, acciaio, legno. Satellite, 2022. Bronzo (7.3 × 3 × 2.3 m). Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck. © Simone Leigh
04 Simone Leigh, Anonymous (detail), 2022. Grès smaltato (184.2 × 135.9 × 109.9 cm). Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck © Simone Leigh
05 e 09 Simone Leigh, Jug, 2022. Gras smaltato (158 × 103.5 × 116.2 cm). Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck. © Simone Leigh
06 Simone Leigh, Last Garment, 2022. Bronzo (137.2 × 147.3 × 68.6 cm). Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck. © Simone Leigh
07 Vista del padiglione Simone Leigh: Sovereignty, Official U.S. Presentation, 59th International Art Exhibition, La Biennale di Venezia, 2022. Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck. © Simone Leigh
10 Simone Leigh, Sentinel, 2022. Bronzo (492.8 × 99.1 × 59.1 cm). Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck. © Simone Leigh
11 Simone Leigh, Sharifa (dettaglio), 2022. Bronzo (283.2 × 103.5 × 102.9 cm). Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck. © Simone Leigh
12 Simone Leigh, Sphinx, 2022. Grès smaltato (75.6 × 144.1 × 88.9 cm). Courtesy the artist and Matthew Marks Gallery. Photo by Timothy Schenck. © Simone Leigh


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