15-12-2022

Le alghe salvifiche di Julia Lohmann

Antonella Galli, Julia Lohmann, Design,

Le alghe sono organismi che crescono velocemente e hanno un impatto rigenerativo sull’ambiente: se gli esseri umani si comportassero come loro, molti problemi sarebbero risolti. Ne è convinta Julia Lohmann, designer tedesca e docente alla Aalto University di Helsinki, che ha avviato un importante progetto di ricerca sulle alghe come materia per il design. Parte da qui la sua riflessione a tutto tondo sui modelli rigenerativi per ribilanciare il Pianeta.



Le alghe salvifiche di Julia Lohmann

Tutto è iniziato da un viaggio in Giappone, nel 2007, e da una visita al mercato delle alghe. Da allora Julia Lohmann, designer di origini tedesche, insegnante alla Aalto University di Helsinki, ha iniziato – e continua tutt’oggi – a studiarle. Ha fondato il Department of Seaweed, un gruppo multidisciplinare composto da scienziati, designer, artisti, filosofi e politici che indaga il futuro delle alghe come risorsa sostenibile, in sostituzione di legno, tessuto, pelle, carta o plastica. A scopo dimostrativo e di ricerca, la Lohmann impiega le alghe anche per realizzare sorprendenti sculture organiche, che richiamano le fattezze di animali fantastici, esposte al Victoria & Albert Museum di Londra e, recentemente, alla 24° Biennale of Sidney.

Il punto di partenza della designer è chiaro: “Noi abbiamo bisogno di un modo empatico di misurarci con la natura, che superi quello antropocentrico.” E, in merito alle alghe, spiega: “Possono essere coltivate in mare, con una modalità che migliora l’ecosistema, poiché elimina l’eccesso di nutrienti che diversamente danneggerebbe l’ambiente.” E, soprattutto, sottolinea l’approccio corretto per effettuare questo tipo di coltivazione: “Non dobbiamo semplicemente sostituire un materiale con un altro meno dannoso. È una questione di atteggiamento mentale, un approccio rigenerativo e non estrattivo. Il genere umano è incredibilmente impattante sull’ambiente, in modo disastroso. Dovremo riuscire a modificare la nostra impronta attraverso un modo diverso di produrre materiali e cose. Ad esempio, nel Mar Baltico noi abbiamo necessità di rimuovere nutrienti: coltivare e raccogliere le alghe è un buon modo di farlo.”

Non solo alghe: la ricerca della Lohmann spazia dai bio-materiali alle pratiche virtuose per l’ambiente. Sta promuovendo, infatti, un progetto di ricerca intitolato CreaTures (Creative Practices for Transformational Futures), che investiga il ruolo di pratiche creative esistenti, spesso poco conosciute, per supportare la sostenibilità eco-sociale. Tra queste, ad esempio, il Baltic Sea Lab, che sviluppa modi cooperativi e strumenti per motivare le persone a promuovere la salute del mare, come una rete di potenziali ‘sea steward’ che si fanno carico della salvaguardia dell’ambiente marino dei propri territori. Un altro progetto di Julia, questa volta sostenuto dall’Academy of Finland, è BioColour, che indaga le alternative organiche ai coloranti sintetici: ne sono nati una mostra svoltasi a Rovaniemi e un libro. Dopo studi e ricerche in Gran Bretagna, l’attuale base di Julia è la Finlandia: “In questa nazione, e specificatamente alla Aalto University, dove insegno Contemporary Design Practices, c’è un continuo interscambio tra la disciplina del design e la chimica, con l’obiettivo di avanzare nel campo dei biomateriali.” Aggiunge anche un altro progetto in corso: “Si chiama Nordark, sostenuto da Nordplus: indaga i bisogni del mondo vegetale e animale in relazione all’illuminazione notturna nei paesi nordici”.

Inevitabile, a questo punto, una domanda sulla plastica: quale è la visione di Julia? “La plastica è un super-materiale. Dura per sempre e consente di fare tantissime cose, ma il modo in cui la utilizziamo è un disastro completo. Usiamo per pochi minuti un oggetto che può durare centinaia di anni. È ridicolo. Manca completamente la corrispondenza tra l’uso e la durata del materiale. Dovremmo diventare più sensibili rispetto al tempo come unità di misura delle cose. Il petrolio ha impiegato milioni di anni per formarsi, noi utilizziamo un sacco di energia per trasformarlo, e poi il risultato di questo enorme lavoro viene impiegato solo per pochi minuti...” Julia torna sul concetto di rigenerazione e sulle sue amate alghe: “Filosoficamente parlando, le alghe possono ispirarci. Sono organismi molto impattanti e forti, un po’ come il genere umano, ma non crescono a spesa e danno di altri, piuttosto aiutando a supportare l’ecosistema. L’uomo deve essere l’agente che ribilancia il processo generativo che noi stessi abbiamo contribuito a sbilanciare.”

Antonella Galli

Tutte le foto: courtesy Julia Lohmann

Didascalie
01
Julia Lohmann, Hidaka Ohmu, Aalto University; photo Mikko Raskinen
02
Julia Lohmann Department of Seaweed residency, studio VandA; photo Petr Krejci
03
Julia Lohmann, Kombu Ahtola, Seaweed Sculpture
04
Saccharina latissima backlit; photo Julia Lohmann
05 - 06
Julia Lohmann, Kombu Nudibranch at Messums Wiltshire, 2022; photo Julia Lohmann
07
Julia Lohmann, Hidaka Ohmu, Aalto University; photo Mikko Raskinen
08
Seaweed Collar, photo Petr Krejci
09
Corpus Maris at Sydney Biennale 2022, photo Shimroth Thomas
10
Julia Lohmann, Seaweed Mask Wings; photo Petr Krejci
11
Julia Lohmann, Oki-Naganode at the Victoria and Albert Museum 2013, photo Petr Krejci
12
Selection of Algae, photo Julia Lohmann


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