14-07-2022

Nella XXIII Esposizione Internazionale c'è Triennale Game Collection

Milano,

Mostre,

Triennale di Milano, Design,

Arte e videogiochi vanno a braccetto nel secondo volume della Triennale Game Collection, sezione particolare all'interno della XXIII Esposizione Internazionale. Pietro Righi Riva, curatore della collezione, ha selezionato cinque game designer indipendenti chiedendo loro di interpretare il tema dell'Esposizione: Unknown unknowns. An introduction to mysteries. Il risultato rispecchia la diversità culturale di ciascun designer, riflettendo sullo spazio esterno sconociuto come chiave di lettura del proprio spazio interiore.



Nella XXIII Esposizione Internazionale c'è Triennale Game Collection

Il dodici luglio scorso è stato lanciato un videogioco indipendente dal nome Wade. I giocatori passeggiano lungo le rive di un ampio fiume immersi nell'acqua fino alle ginocchia. Man mano che si avventurano in profondità, lo scenario cambia e ci si imbatte in stranezze, curiosità e ostacoli da superare. Il gioco, progettato dai game designer indipendenti Optillusion, simboleggia e visualizza le fasi del lutto e i sentimenti di inquietudine che noi esseri umani proviamo quando affrontiamo l'ignoto.

Wade è il primo di cinque videogiochi che Triennale Milano rilascerà nel corso dell'estate all'interno della XXIII Esposizione Internazionale, il cui titolo è Unknown unknowns. An introduction to mysteries. A curare questa particolare esposizione è stato chiamato Pietro Righi Riva, game designer italiano, accademico, sperimentatore e fondatore della casa di produzione Santa Ragione. Non c'è bisogno di chiedersi se dei videogiochi siano al loro posto in una mostra d'arte. Come diceva Dino Formaggio, filosofo e critico, “L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte”. I videogiochi sono dunque inclusi, a maggior ragione quelli progettati per farci ragionare su un tema o provare sensazioni particolari. Non stiamo parlando di sparatutto splatter in linea con una certa cultura mainstream.

I giochi della Triennale Game Collection Vol. 2, questo il nome della sezione, faranno parte dell’esposizione, ma non saranno giocabili sul posto: “li abbiamo pensati così che possiate portarvi a casa un pezzo di mostra” ha detto Righi Riva. Una scelta pensata per restituire una parte di accessibilità al mondo museale e delle esposizioni fisiche, se non ci fosse contaminazione anche in questo senso, la produzione di videogiochi sarebbe solo un esercizio di stile, d'altro canto la prima edizione della Game Collection, risalente al 2016, ha realizzato un totale di ben 180mila download.

Veniamo dunque ai videogiochi. I game designer, tutti rigorosamente indipendenti e impegnati in questioni sociali, provengono da diversi angoli del pianeta. Sono Yijia Chen & Dong Zhou di Optillusion, realizzatori del già citato Wade; Fern Goldfarb-Ramallo dall'Argentina, ideatore di "We Are Poems", dove si diventa cosmonauti in cerca di comunità queer; la statunitense Nina Freeman di Star Maid Games che ha progettato "Nonno's Legend", per immaginare gli ambienti delle fiabe raccontate dagli anziani; Mine è il gioco di Akwasi Afrane Bediako, originario del Ghana e pronto a gettarci in una miniera in cerca del rapporto tra estrazione e spazi virtuali; Llaura McGee di Dreamfeel, nata in Irlanda e progettista di Contact, un gioco per ricercare intelligenze extraterrestri.

Ognuno di questi designer ha messo la propria esperienza e identità nel compito di interpretare il mistero, lo sconosciuto. Alla fine sono emerse cinque storie molto personali, che spaziano dal rapporto tra elementi fisici e tecnologia alla pura gioia degli eventi cosmogonici, dall’elaborazione del lutto alla correlazione tra identità sociale e di genere. Il videogioco diventa così uno strumento di indagine interiore attraverso l'inaspettato mondo esterno, e non solo: chiunque giocherà a questi videogames si troverà di fronte alle sfaccettate identità e diversità culturali degli autori. La grafica, il linguaggio, la fruizione di ciascun gioco è estremamente differente, ma in tutti si ritrova un filo rosso comune che fa anche da ponte con il tema dell'esposizione: riflettere sui misteri dello spazio esterno è una chiave di lettura del proprio spazio interiore. Se come diceva Picasso l'arte è una bugia che serve a realizzare la verità, e se la verità è qualcosa di soggettivo e personale, non resta che cimentarsi nel gioco.

Cib

Images courtesy of Triennale Milano
Credits: Pietro Righi Riva, Yijia Chen, Dong Zhou, Fern Goldfarb-Ramallo, Nina Freeman, Akwasi Bediako Afrane, Llaura McGee

https://triennale.org/en/game-collection
https://www.milanogamefestival.com/collection/


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