31-03-2022

Alla Galerie kreo il design è libero

Parigi,

Antonella Galli, Design,

Una conversazione con Didier Krzentowski, fondatore di Galerie kreo, con sedi a Parigi e a Londra, che in 23 anni di attività ha dato spazio ai principali designer della scena internazionale, accompagnandoli sulla strada della pura ricerca. Oltre gli obiettivi funzionali e i vincoli del mercato.



Alla Galerie kreo il design è libero

A Parigi le vetrine della Galerie kreo, in rue Dauphine, in pieno Quartier Latin, sono a pochi passi dal Pont Neuf, ma l’ingresso è arretrato, all’interno di un cortile. Attorno scorre veloce e frenetica la vita della Rive Gauche, che ha ritrovato la vivacità consueta: gallerie d’arte, librerie, bistrot, atelier di moda, negozi di souvenir, rosticcerie esotiche, piccoli hotel.
Mi attende, al primo piano, Didier Krzentowski, fondatore con la moglie Clémence di quella che oggi è la galleria francese di riferimento per il design, storico e contemporaneo. Ventitré anni di attività il prossimo giugno, la seconda sede a Londra aperta nel 2014 (a Mayfair, al 24 di Cork Street), 134 mostre e un’attività instancabile di ricerca, incontri, presentazioni, pubblicazioni. Il nome kreo deriva dall’esperanto e significa creazione: lo ha scelto Didier perché era breve e comprensibile in tante lingue. L’elenco di progettisti che ha esposto in queste sale e ha collaborato con i Krzentowski è a dir poco sorprendente: Ronan e Erwan Bouroullec, Hella Jongerius, Jaime Hayon, Barber Osgerby, Pierre Charpin, Jasper Morrison, Virgil Abloh, Naoto Fukasawa, Konstantin Grcic, Marc Newson, Julia Lohmann, per citarne solo alcuni.

Al piano terra fervono i preparativi per una presentazione, al piano superiore una ventina di giovani collaboratori sono concentrati sui loro schermi, l’attività è intensa. Domani è previsto un evento nella sede di Londra per la mostra ‘Signals’ di Edward Barber e Jay Osgerby, che per Galerie kreo hanno progettato una serie di lampade con supporto in alluminio e diffusori a cono in vetro di Murano. Didier inizia il suo racconto dagli esordi, per aiutarmi comprendere quale è lo spirito con cui ha concepito la galleria – e anche il segreto grazie a cui è cresciuta così tanto nel tempo.
“Sono sempre stato un collezionista, di quelli nevrotici, fin da bambino”, ammette, “collezionavo di tutto, anche le selci primitive, poi ho iniziato con l’arte e la fotografia. Vendevo alcuni pezzi per poterne comprare altri. Lavoravo in un settore completamente estraneo, lo sport business per i Giochi Olimpici. Quella per l’arte era solo una passione.” Fonda nel 1992 l’Agence kreo, con cui supporta le aziende nello sviluppo di progetti creativi, ma dopo un inizio entusiasmante, percepisce che i vincoli del mercato e della comunicazione costituiscono un freno alla creatività. Decide allora di prendere un piccolo spazio (45 mq) in rue Louise Weiss (13°Arrondissement), iniziando l’attività della Galerie kreo: “Era il 5 giugno del 1999 e nella mostra ‘Mobilier, objet 1960-2000’ esponevo i duplicati della mia personale collezione di modernariato, che poteva già contare su pezzi di Joe Colombo, Verner Panton, Pierre Pauline e Gino Sarfatti.”

Già nel 2000 Didier e Clémence decisero di produrre collezioni proprie, rivolgendosi ai designer. Avevano colto la necessità dei creativi di avere le mani libere, di sperimentare, senza i vincoli che richiede la produzione per il mercato. “Mi sono ispirato a Pierre Staudenmeyer e alla sua galleria Néotu, attiva a Parigi dal 1985, che era un modello per chi voleva occuparsi di design nell’ambito del collezionismo. Galerie kreo oggi è una sorta di laboratorio per i designer, che consente loro di spaziare tra materiali e forme, di ricercare. Produciamo collezioni esclusive e limitate a otto pezzi, oltre a due riservati all’artista e due prototipi. E organizziamo mostre trasversali, o anche monografiche. Il progettista è libero, totalmente. Non cerco mai ciò che può piacere al grande pubblico, non mi interessa ciò che vale in un’ottica di mercato.”

Didier Krzentowski è certamente un uomo fortunato, come ama ripetere, ma anche dotato di un fenomenale intuito per i talenti creativi, allenato da una incessante ricerca come collezionista, in particolare di Gino Sarfatti e delle luci italiane e francesi tra gli anni Cinquanta e gli anni Ottanta. Non a caso ha collaborato con Virgil Abloh (scomparso nel novembre 2021 a soli 41 anni), che senza esitazioni Didier definisce ‘un genio’, ma racconta anche di come ha scoperto Brynjar Sigurdarson, un designer islandese di cui ha prodotto una mostra monografica nel 2013: “Non vendetti nemmeno un pezzo, ma non era importante. Brynjar oggi è riconosciuto internazionalmente, soprattutto come designer concettuale. Raccoglie dal mare ciò che le onde restituiscono e lo assembla, costruendo oggetti rituali, semplici e dotati di un carisma misterioso.” È solo un esempio del modus operandi della Galerie kreo, ed è la ragione per cui rappresenta un riferimento per il mondo del design. Sta dalla parte della ricerca, che è difficile, forse costosa. Ma è la parte migliore.

Antonella Galli


Captions:

1 Galerie kreo, Marc Newson, Quobus 1,3,6 Multicolored, photo Sylvie Chan-Liat Courtesy Galerie kreo

2 Galerie kreo, Didier Krzentowski, e Quobus di Marc Newson, photo Alexandra de Cossette

3 Barber&Osgeby, mostra Signals, photo Eva Herzog Courtesy Galerie kreo

4 Exhibition Only Wood (2014, Paris), photo Sylvie Chan-Liat Courtesy Galerie kreo

5 Exhibition Hieronymus, Konstantin Grcic (2016, Paris), photo Fabrice Gousset, Courtesy Galerie kreo

6 Galerie kreo, Virgil Abloh, Efflorescence Mirror 2, photo Mel Taing Courtesy Galerie kreo

7 Signals Collection, Barber&Osgerby, photo Alexandra de Cossette Courtesy Galerie kreo

8-12 Signals Collection, Barber&Osgerby, photo Eva Herzog Courtesy Galerie kreo

13 Edward Barber and Jay Osgerby, photo Jessica Klingelfuss


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