11-05-2020

Architettura, pandemia e il futuro del progetto: Studio Bressan-Botter

Studio Botter,

Emergenza Sanitaria Covid19,

In pochi mesi tutto è cambiato, anche il mondo dell’architettura. Alla ricerca di possibili scenari, Floornature apre un confronto sul nuovo approccio alla progettazione in tempi di COVID-19, pubblicando una serie di interviste agli architetti di tutto il mondo.
Come si sono organizzati i grandi studi e come ha inciso questa situazione sulle realtà più piccole?
Che cosa significa concepire infrastrutture, centri culturali, spazi abitativi stando lontani dai luoghi in cui si sviluppa la socialità?
La resilienza che cerchiamo nelle opere costruite può essere una caratteristica che si applica anche alla professione del progettista?
Ecco le risposte degli architetti, alcune testuali, altre in video, come nella tradizione del nostro portale.



Architettura, pandemia e il futuro del progetto: Studio Bressan-Botter

Studio Bressan-Botter: Andrea Botter & Emanuele Bressan

1. Come avete gestito il lockdown?

Ancora prima che venisse emanato il decreto esecutivo che imponeva le norme da rispettare per evitare i contagi, entrambi i nostri studi si sono organizzati per far lavorare i collaboratori tramite smart working, direttamente dalle proprie abitazioni private. Le esperienze di lavoro a distanza che erano già un’abitudine tra i nostri due studi, sono state estese come home office anche ai rispettivi collaboratori grazie ai contemporanei sistemi informatici.
Le difficoltà non mancano e speriamo comunque che la situazione possa risolversi al più presto.
La cosa che più preoccupa è l’incertezza sulle tempistiche di questo stop e la successiva ripresa lavorativa.
Da parte nostra c’è comunque ottimismo e si coglie questo blocco necessario per riorganizzare e migliorare l’attività e sfruttare queste giornate (in cui non c’è più il telefono che suona continuamente) per nuove ricerche creative.

2. Quali nuove forme di lavoro state sperimentando e quali sono i risultati?

L’intensità dei normali lavori è calata notevolmente complice la chiusura di tutti i cantieri e delle amministrazioni.
Si approfitta del momento per dedicarsi a nuove ricerche e a progetti stimolanti dal punto di vista creativo (come il disegno di oggetti di Design o progetti per le proprie abitazioni e uffici). Contrariamente alle consuete dinamiche del lavoro che pretendono tempi molto ristretti ora si può progettare per sé stessi, sviluppando una propria ricerca culturale e compositiva per poter fornire un servizio ancora migliore una volta che le cose saranno ripartite. C’è quindi la necessità di reinventarsi e si approfitta del tempo per la riorganizzazione interna degli studi.

3. Come pensa che questa esperienza influirà sulla futura gestione di uno studio di architettura?

La sperimentazione e la convivenza con nuove forme di lavoro a distanza a cui siamo costretti in questo periodo, ci ha permesso di conoscere potenzialità e limiti di questa metodologia di lavoro. Se correttamente organizzate e supportate da adeguati strumenti informatici, potrà diventare una forma di lavoro verso la quale si ricorrerà sempre più frequentemente.
Ci auguriamo che queste forme di lavoro telematico possano portare anche ad una riduzione dei tempi burocratici biblici a cui siamo inevitabilmente costretti nella gestione delle pratiche.
In ogni caso, quello dell’architetto è un mestiere artigianale. Il rapporto con il luogo e con il contesto, il dialogo con le maestranze nel cantiere, l’aspetto tattile, olfattivo e spaziale dei materiali sono interazioni a cui l’architetto non può rinunciare.


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