10-11-2022

Ernesto Oroza: “Il design neutrale non esiste”

Milano,

Antonella Galli, Design,

Saranno le sue origini cubane, o l’esperienza della crisi che afflisse l’isola caraibica negli anni Novanta, o ancora il suo percorso ispirato al design radicale italiano: Ernesto Oroza, artista e designer, docente e ricercatore in forza all’ESADSE - École Supérieure d’Art et Design de Saint-Étienne, ha raccontato a BASE Milano la sua visione militante del design. Che non può prescindere da un processo condiviso e mai separato dalla pratica.



Ernesto Oroza: “Il design neutrale non esiste”

Fare design non è solo progettare. È anche riflettere su come si progetta, con chi, per cosa. Ed è un'elaborazione di pensiero che non può che procedere a pari passo con la pratica. Uno dei principali esperti di questa auto-riflessione sulle pratiche del design è Ernesto Oroza, designer e artista di origini cubane che, dopo una lunga permanenza in Florida, è approdato a Saint-Étienne, in Francia, dove dirige il corso di Design e Ricerca all’École Supérieure d’Art et Design. È anche editor di una rivista, Azimuts, che tratta di ricerca dal 1991 e in cui Oroza coinvolge i suoi studenti. Lo incontro di passaggio a Milano, a BASE, dove ha portato la sua testimonianza e la sua visione durante l’evento di presentazione delle nuove residenze We Will Design assegnate a Davide Tagliabue e allo studio Analogique, che il centro sperimentale milanese avvierà a dicembre. L’intervento di Ernesto Oroza, promosso dalla Regione Lombardia, si inserisce nella cornice di We will Design, il laboratorio permanente che attraversa tutto l’anno e che ha come culmine il FuoriSalone, in programma il prossimo aprile, quando il grande edificio ex Ansaldo che ospita BASE si aprirà ai visitatori con numerose presenze di giovani e di ricercatori (la Call for Entries per presentare il proprio progetto per l’edizione 2023 di We Will Design è aperta fino al 16 dicembre). Oroza ha portato, nello specifico, la sua esperienza all’ultima Biennale Internazionale di Saint-Étienne, conclusasi a luglio, dove ha presentato la mostra-manifesto ‘À l’intérieur de la production’.

Il presupposto di Oroza è che il design non è mai neutrale. “Chi afferma questo principio – che il design non ha a che vedere con la politica, l’etica, l’ecologia, il futuro – lo fa a partire da una posizione di privilegio e di potere”, afferma Oroza, “il design richiede continuamente di compiere scelte, che hanno implicazioni sulla società e sull’economia. Il design è materia politica.” Il tema della 12° Biennale Internazionale di Saint-Étienne era molto pertinente rispetto alla visione di Oroza: il titolo era ‘Bifurcation. Choose the essential’, con una domanda radicale sulle scelte che il design compie e le implicazioni che queste comportano. “Il direttore Olivier Peyricot mi ha chiesto di indagare il tema della produzione”, ha raccontato Oroza, “basandomi anche sull’esperienza della crisi di Cuba negli anni Novanta e su come il popolo cubano l’ha superata. L’idea di fondo è che la divisione tra ricerca e pratica è fasulla. Tutto il design, per essere definito tale, è ricerca, è un continuo interrogarsi sulle cose. Nella mostra non ho voluto discutere sulle biforcazioni possibili che il design deve prendere, ma ho voluto creare fisicamente le condizioni per provocare la biforcazione, la scelta. Ho invitato le persone a inventare metodi per lavorare insieme”. La mostra presentava un format sperimentale: l’ingresso era libero e ospitava dibattiti, discussioni libere sulla sempre crescente produzione di oggetti, oltre a dare spazio a performance di artisti e designer. Ma gli oggetti in mostra avevano una doppia funzione: mostrare i risultati delle ricerche più avanzate, ma anche proporsi come oggetti d’uso, oltre che di reinvenzione da parte dei visitatori.

C’era la Z-Bookshelf, una libreria di Manuel Raeder che poteva essere facilmente smontata e ricomposta in forme diverse, ma anche le lampade modulari di David Énon, da assemblare autonomamente, così come le comunissime sedie in plastica bianca (uno degli oggetti maggiormente diffusi al mondo) da riparare o modificare. I visitatori, così come i designer, potevano incontrarsi secondo un palinsesto stabilito, e discutere lavorando direttamente sugli oggetti. Un modo concreto per capire che chi opera si trova sempre davanti a una scelta e il modo migliore per prenderla è discuterne in comunità. “Nella mia infanzia a Cuba trascorrevo il mio tempo a disegnare”, racconta Oroza, “un giorno una parente mi mise sul tavolo il ventilatore che si era guastato. Una tragedia, in un luogo caldo come Cuba. Provammo ad aprirlo e ripararlo, e quell’azione cambiò la mia percezione, costituì per me l’inizio di un percorso. Durante la crisi degli Anni Novanta a Cuba mancava la corrente elettrica. I negozi erano chiusi, c’era carenza di ogni cosa. Dovemmo reinventare, riparare, riutilizzare. Diventò celebre la mia Provisional Bench, una panca che io realizzai con due sedie e un’asse di legno. Era quello che ora definisco il ‘place holder’, il vicario, il sostituto. Il design ci interroga sui bisogni essenziali e sulle risposte che sappiamo (o possiamo) dare. Senza teoria, passando direttamente attraverso la pratica”.

Didascalie
Foto Courtesy BASE Milano e Ernesto Oroza

01 BASE Milano
02 Ritratto di Ernesto Oroza
03 12° Biennale Internazionale di Saint-Étienne, mostra ‘À l’intérieur de la production’ di Ernesto Oroza, performance Neurchi de crassier di Thibault Le Page. Ph Cité du design
04 12° Biennale Internazionale di Saint-Étienne, mostra ‘À l’intérieur de la production’ di Ernesto Oroza.
05 BASE Milano, ph Maria Teresa Furnari
06 BASE Milano, FuoriSalone 2022, We Will Design: il supermercato autogestito di Francesca Tambussi.
07-08 BASE Milano
09 BASE Milano, ph Roarstudio
10 BASE Milano, FuoriSalone 2022, We Will Design: mostra The Swedish School of Textiles
11 12° Biennale Internazionale di Saint-Étienne, mostra ‘À l’intérieur de la production’ di Ernesto Oroza, La Navette di Thibault Le Page e Kevin Zanin, foto Kevin Zanin
12 Il magazine di BASE, ph Luca Condorelli


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