07-05-2021

Pezo Von Ellrichshausen: Ines Innovation Center, Concepción

Pezo von Ellrichshausen,

Cile,

Uffici,

L’Ines Innovation Center è l’ultimo episodio di un’esplorazione del “sistematico modo di creare eccezionalità” proprio di Pezo Von Ellrichshausen. Un edificio per uffici dedicato alla ricerca e all’innovazione all’interno del UBB - Universidad del Bio-Bio a Concepción, in Cile.



Pezo Von Ellrichshausen: Ines Innovation Center, Concepción

L’ispirazione per l’architettura dell’INES Innovation center è derivata dalla riflessione che Mauricio Pezo e Sofia Von Ellrichshausen hanno condotto sulla parola “innovazione”. L’idea di base era quella di concepire un progetto rivoluzionario, sorprendente, in grado di sovvertire l’immaginario del centro universitario come edificio per uffici. L’incarico deriva infatti dall’UBB - Universidad del Bio-Bio per il campus della città di Concepción, in Cile, che comprende le facoltà scientifiche di ingegneria, economia e architettura.
Al di là di queste premesse e conoscendo il lavoro di Pezo Von Ellrichshausen, ci sentiamo di affermare che il progetto dell’INES Innovation center si inserisce in un percorso già tracciato e che riguarda la riflessione personale della coppia di artisti-architetti cileni sul tema dell’abitare. Lontani da qualsiasi circuito, movimento di pensiero o influenza di tipo geografico, essi procedono da sempre su una strada di intima analisi della relazione tra l’uomo e lo spazio, una conversazione a due, come amano spesso descriverla, che offre sempre un punto di vista inedito al mondo dell’architettura. Le loro opere sono “esplorazioni del sistematico modo di creare eccezionalità”, come dice Mauricio Pezo in una conferenza, utilizzando una tavolozza di elementi ricorrenti e variati di volta in volta. Le forme della geometria elementare, i colori a olio nella realizzazione dei disegni per i committenti, il cemento e il legno come materiali da costruzione di elezione, l’inversione tra esterno e interno, solo per dirne alcuni.
Solitario nella sua posizione all’interno del campus, sviluppato su cinque piani fuori terra e un interrato, il nuovo edificio appare organizzato su una struttura di solai e pilastri. La scansione a colonne distribuite secondo una griglia regolare però non corrisponde allo sviluppo interno, dove nessuno spazio è ortogonale all’altro e dove il disegno degli ambienti è affidato completamente a linee curve. Le piante dei piani dimostrano lo studio delle possibili intersezioni tra la figura del quadrato e quella del cerchio di dimensioni diverse. L’espediente dell’intersezione tra figure geometriche è spesso usato nella ricerca di Pezo Von Ellrichshausen, se ricordiamo per esempio l’installazione alla Biennale di Venezia del 2016, dove lo spazio aperto era ordito da tanti cerchi disegnati da pareti di cemento verde che, entrando l’uno nell’altro, creavano ambienti sempre differenti, suscitando altrettanti utilizzi e diverse prospettive.
È proprio questo che deve fare l’architetto, sembrano affermare Mauricio Pezo e Sofia Von Ellrichshausen, liberare i nostri spazi dai condizionamenti intrinseci dell’edilizia, l’idea delle quattro mura, la scansione più conveniente e razionale delle dimensioni e delle quantità a nostra disposizione. Mostrare insomma un modo nuovo di guardare lo scenario quotidiano, incentrato specialmente sui rapporti tra gli individui.
Lo spazio dell’INES Innovation Center è sviluppato puntando l’attenzione sulla relazione tra le persone che lo abiteranno. Così venendo alla richiesta della committenza, torna al centro il processo della pratica accademica, un percorso basato sulle relazioni, sull’informalità degli scambi, sulla continua revisione e sulle potenzialità dell’associazione di idee.
Nell’impianto, disegnato dall’innesto di cerchi e quadrato e ripetuto con variazioni su tutti i piani, si delineano così due spazi distinti, che secondo i progettisti sono anche due momenti distinti del processo d’innovazione: l’approfondimento fondato sulla socialità e sulla condivisione e quello opposto, individuale e solitario. Al primo si collegano gli spazi di confine, quelli che risultano dall’intersezione, mentre al secondo sono riservati gli ambienti definiti dalle pareti semicircolari e affacciati sul giardino del campus. Dal piano terra fino al quinto, dal basso verso l’alto, lo spazio del privato va ampliandosi e quello condiviso si restringe, così allocando diversamente anche le postazioni operative e dirigenziali.
Oltre a questa combinazione, il cerchio al centro della pianta quadrata è un grande vuoto che mette in comunicazione tutti i piani, dalla copertura all’interrato. Questa apertura è parte dello spazio condiviso, lo valorizza e lo moltiplica, offrendo un senso di unità. Se esternamente l’architettura offre un’immagine di permeabilità costante lungo il suo sviluppo verticale, all’interno la trasparenza si percepisce maggiormente ai piani bassi, in virtù del fatto che le vetrate più ampie sono parte degli spazi collettivi. Al contrario salendo si ha una sensazione di restringimento della dimensione e di riduzione della luminosità, finché non si scopre che gli architetti hanno aperto un punto di fuga nel tetto. Questo è un altro dei loro elementi ricorrenti, la copertura accessibile da una scala a chiocciola e usata come belvedere.
Tale sviluppo fluido tra i piani e non gerarchico, offre la possibilità di variare le funzioni degli ambienti promuovendo dinamiche lavorative non categorizzate tra ruoli e figure professionali. Questo vale anche dal punto di vista funzionale: le stanze che condividono le pareti curve, per esempio, sono state pensate non solo come uffici, ma anche per ospitare mostre e workshop.
Come usano spesso, anche in quest’opera il materiale da costruzione degli esterni coincide con quello dell’interno, vale a dire il cemento colorato in massa di un particolare rosso, in grado di trasmettere calore e domesticità. La loro interpretazione della decorazione è l’impronta delle assi oblique e curve che le casseforme di legno hanno lasciato sulle superfici di calcestruzzo. Il legno naturale, scuro e nodoso, si ritrova potentemente all’interno degli uffici, dove diventa totalizzante: è negli armadi disegnati su misura per essere accolti e “sparire” sulle pareti oblique, negli arredi minimali, nei parquet e negli infissi.
Dall’osservazione di progetti come questo scaturiscono alcune domande: ci prendiamo davvero cura dello spazio che abbiamo a disposizione o lo occupiamo solamente? Che cosa succederebbe se prevalesse questo modo di progettare lo spazio, al posto di quello più avvezzo a ridurre al minimo gli interstizi, a considerarli solo uno spreco, o a costruire ambienti validi per ogni funzione?

Mara Corradi

Architects: Mauricio Pezo, Sofia von Ellrichshausen http://pezo.cl
Collaborators: Aleksi Vicic, Eva de Hovre, Diego Perez, Sofie Taveirne, Victoria Bodevin, Caitlyn Flowers
Location: Collao Campus, Concepción, VIII Region, Chile
Client: Universidad del Bio-Bio
Structure: Luis Mendieta
Consultants: Citec, DyLuz
Plot surface: 245.479 sqm
Built surface: 2.000 sqm
Design date: 2013-2015
Construction date: 2019-2020


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