01-09-2021

PREFABBRICAZIONE

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La prefabbricazione non deve essere noiosa. Può essere abbastanza romantica come pure abbastanza eccitante”- Peter Cook



<strong>PREFABBRICAZIONE</strong><br />
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È uno dei mitici maestri del cinema muto, Buster Keaton, che ironicamente ci offre una parodia dei nuovi metodi di costruzione di case replicabili a catalogo, pre-tagliate e pronte ad essere inviate per corrispondenza. Case in kit che avevano cominciato a nascere in America intorno al primo trentennio del XIX secolo e che si erano via via affermate con molta popolarità. Ci sono tre filmati che Keaton dedica a questa nuova architettura visionaria di massa che offrono spunti di rilettura di questi alloggi pionieristici, facendo del processo di costruzione sequenziale una fonte di interminabili incidenti, sempre più disastrosi. ‘One Week’, primo della trilogia, vede Buster attore, oltre che regista, ricevere come dono, in occasione dell’imminente matrimonio, appunto una casa prefabbricata ‘fai da te’, come dono da parte di uno zio. La casa dovrebbe essere, presumibilmente, costruita in ‘una settimana’ ma un corteggiatore rifiutato, scambia per gelosia segretamente i numeri delle casse d’imballaggio. Si assisterà quindi ad una serie di risultati catastrofici in un crescendo di esilarante comicità: porte al posto delle finestre che si aprono sul vuoto, sanitari montati all’esterno ed una configurazione ultima completamente sbilenca, fino all’inquadratura finale che vede lo sposo allontanarsi con la sua compagna, dopo aver posizionato il cartello ‘IN VENDITA’, con allegate le istruzioni per la costruzione, sopra un mucchio di resti accatastati.

 'One Week' , Buston Keaton. 

In questi processi di montaggio presentati in modo umoristico e bizzarro c’è un’allusione molto precisa ad una compagnia che in quel momento stava vendendo un numero enorme di case standard da catalogo. La Sears, Roebuck and Company con il suo ‘Catalog Modern House’, rappresentava allora una vera autorevolezza del settore ed era in grado di offrire ai suoi clienti costi di acquisto molto convenienti, grazie alla capacità di produrre in quantità i materiali utilizzati, oltre a tempi di costruzione quasi dimezzati, con pari qualità delle residenze tradizionali. Nonostante i vantaggi fossero autentici, Keaton crea circostanze paradossali facendosi interprete di nuove correnti tecnologiche che intuiva avrebbero probabilmente aiutato un cambiamento che era in atto. Tendenze di maggiore flessibilità, strettamente correlate a future esigenze abitative. Definito da qualcuno come un ‘architetto visionario e dalle sue stesse parole come un ‘ingegnere mancato’, dimostra di avere superato i modelli canonici verso un nuovo tipo di mobilità progettuale. Proporrà infatti spesso nei suoi filmati una casa cinetica, senza fondamenta, completamente elettrificata internamente e mobile nel vero senso della parola. La casa prefabbricata di Sears è stata quindi scelta non per muovere una condanna ma come spunto di discussione sull’avventura fantastica appena iniziata che, come sfida alla nozione riduttiva di architettura, lasciava prevedere esiti sorprendenti.


Sears, Roebuck and Company con il suo ‘Catalog Modern House’. 

L’Home Delivery, nei suoi prodromi preceduta da un tipo di prefabbricazione a supporto delle espansioni degli imperi coloniali come Gran Bretagna e Francia, ha in effetti rappresentato un sogno che ha coinvolto architetti di generazioni diverse nell’intento di coniugare esigenze ed innovazione. Come spiega Barry Bergdoll che nel 2008 ha curato per il MoMA una mostra su questo tipo di progettazione: “In architettura, la storia della prefabbricazione è, in un certo senso, la storia del modernismo. La casa prefabbricata continua a essere una delle ricerche più radicali dell'architettura. La prefabbricazione è una riflessione sulla casa come agente critico nel discorso della sostenibilità, dell'invenzione architettonica e della nuova ricerca formale”.

Da case assemblabili e trasportabili alle torri prefabbricate più alte al mondo, come le due stecche gemelle di 56 piani che, recentemente progettate, vedranno la luce a Singapore nel 2026, il nostro pianeta, densamente affollato e gravemente inquinato, ha forse trovato nel prefinito un’impronta più lieve, un modus vivendi più consono all’ambiente e meno impattante dal punto di vista eco-sostenibile. Interrogandosi sulle nuove frontiere del vivere assieme, considerando cambiamenti climatici, evitando sperpero di risorse in nome del rispetto di un’economia, che guarda alla ‘collettività’ con maggiore ‘equità’, gli architetti in numero sensibilmente crescente stanno rivalutando la modularità come nuovo orizzonte che, contemplando allo stesso tempo tecnologie e natura, promette di soddisfare l’aspirazione ad una vita migliore.

"L'ambizione è risolvere la crisi abitativa con soluzioni convenienti, vivibili e sostenibili", afferma Sinus Lynge, partner di EFFEKT, gruppo di architetti della Danimarca, regione dove in molti stanno affrontando questa sfida con sorprendente versatilità ed altrettanta dedizione. È un’intera nuova generazione di giovanissimi, intraprendenti ed attenti al paesaggio, che sta imponendosi non solo per la piacevolezza dell’aspetto estetico delle loro proposte ma soprattutto per una sincera ricerca protesa a realizzare concretamente una vita collettiva sana ed variegata e fatta di relazioni intergenerazionali, come dovrebbe essere intesa. Rilevante si prospetta la quantità delle nuove case che viene richiesta con crescita insistente dall’aumento della popolazione globale, e dalla riduzione numerica delle famiglie, non sottovalutando che il permettersene l’acquisto sta diventando un privilegio di una percentuale di persone sempre più limitata. Sono tante attualmente le aziende specializzate che si stanno concentrando nell’intento di fornire a prezzi accessibili edifici sostenibili e rapidi da realizzare, con layout e combinazioni estremamente diversificati, ricorrendo ad accorgimenti e standard che possano anche assicurare, secondo i principi della bioedilizia, il rispetto dei principi di edifici ad energia quasi zero. Cercando di ottimizzare i diversi aspetti convenienti e la potenzialità dei prefabbricati, grazie alla tecnologia che si è nel frattempo incredibilmente affinata, con l’ausilio della stampa 3D e della robotizzazione, spingendo i limiti del design e della materialità si potrebbe potenzialmente arginare la crisi abitativa, pensando a proposte non temporanee ma in grado di soddisfare le molteplici esigenze in attesa di appagamento, i requisiti sociali, che abbisognano di supporti a favore della comunità, gli imperativi economici e naturalmente quelli ambientali.
  I tempi sono sicuramente molto cambiati e per le ragioni che ho sopra elencato esigono di ridefinire completamente il modo in cui gli edifici sono concepiti e realizzati ma non si deve per questo demonizzare un sistema che nel corso della civiltà ha offerto indubbiamente molti vantaggi. Durante la 17° Biennale di Architettura di Venezia di quest’anno, tra le varie voci che hanno dato vita ad installazioni, intese a rispondere con pertinenza, enfatizzando l’urgenza del bisogno di spazi in cui vivere generosamente insieme, implicito nella domanda di Hashim Sarkis, si è potuta ascoltare la storia che il Padiglione Finlandese ha raccontato con il suo ‘New Standards’. La proposta curata da tre storici dell’architettura dell'Università di Aalto, Laura Berger, Philip Tidwell e Kristo Vesikansa, ha inteso rivisitare momenti del passato in cui architetti e industria hanno unito le forze per superare una crisi urgente, come quella rappresentata dal reinsediamento dei rifugiati della Carelia. Nel 1940, a seguito del Trattato di pace di Mosca, la Finlandia si era trovata nella difficile situazione di dover accogliere oltre 400.000 persone. Dalla necessità di affrontare questa grave emergenza è nata l’impresa industriale Puutalo Oy, un imprenditore direi molto lungimirante che, sfruttando una delle maggiori risorse del paese, ha cominciato la produzione di alloggi ben costruiti e a basso costo, divenendo in meno di un decennio uno dei più importanti produttori di case prefabbricate in legno al mondo.Prendendo spunto da questo capitolo, che sembra essere stato ingiustamente trascurato, l’allestimento intende riconoscere il merito dovuto a chi ha contribuito in modo determinante a quella reputazione che la Finlandia gode a livello internazionale. E per fare questo i tre autori sono ricorsi a un percorso documentario, costituito dalle immagini di alcuni fotografi che attestano come il prodotto, esportato ininterrottamente fino ai nostri giorni in più di 50 paesi, si sia rivelato non solo estremamente appropriato e resistente a qualsiasi tipo di clima ed agente atmosferico ma anche facilmente modificabile, nel tentativo di venire incontro a quel desiderio di individualità insito nella maggior parte di ciascuno di noi per quanto riguarda la propria casa.
  C’è un altro avvenimento che risale al 1755 che dà una prova significativa dell’efficienza del metodo modulare, offrendo uno dei primi esempi di un suo utilizzo su larga scala. Lisbona era stata scossa e devastata da un violento terremoto e maremoto, e distrutta da incendi provocati da entrambe i cataclismi. Sarà una figura chiave nella storia del paese a pianificare la ricostruzione, un intervento che sarà portato a termine in un solo anno e sarà contrassegnato da decisioni di particolare rilevanza. Sebastião de Melo, allora ministro, conosciuto come il Marchese de Pombal, aveva idee abbastanza progressiste. Aveva vissuto come ambasciatore a Londra e, nutrendo una particolare ammirazione per il sistema economico inglese, aveva tentato con successo di riformare l'economia portoghese sull’esempio di quella anglosassone e con altrettanta competenza, in occasione di questo disastro, presiedette il progetto di rinascita urbanistica assegnato ad un gruppo di architetti. Fu per sua espressa volontà che la struttura degli edifici dovette essere attentamente valutata per resistere ad altri eventuali terremoti. Dal momento che Baixa, centro di Lisbona e zona più colpita, poggiava su un terreno instabile, pretese addirittura simulazioni del sisma e divulgò una sorta di questionario riguardante tutto quanto era stato notato di anomalo, dal comportamento degli animali al livello dell’acqua nei pozzi, prima del funesto accadimento. L’iniziativa non solo segnò la nascita della sismologia come scienza, ma anche di uno stile architettonico e urbanistico definito appunto pombalino’, che anticipò le prime caratteristiche di design antisismico e di innovativi metodi costruttivi prefabbricati. Tutti gli edifici, previsti di quattro piani al massimo, furono realizzati fuori città, trasportati a pezzi e poi assemblati in loco, rivelandosi assolutamente sicuri e resistendo a tutt’oggi. Nel 1773 è sempre per suo volere che la città costiera del Portogallo, Vila Real de Santo António in Algarve, al confine con la Spagna, sarà interamente costruita allo stesso modo.
 
L’utilizzo di questa tecnica apparentemente nuova solleticherà lo spirito inventivo di diverse personalità nel periodo che corre tra la fine del XIX secolo e la seconda guerra mondiale, rimanendo comunque circoscritto ad esperimenti architettonici che rappresenteranno tappe importanti ma non vedranno un’applicazione su scala significativa fino al termine del conflitto bellico. Solo allora s’imporrà massicciamente la necessità del ricostruire, dovendo provvedere un tetto a migliaia di famiglie rimaste senza casa. Ai casi di immediata emergenza si affiancherà una feconda sperimentazione, contraddistinta da un’attenta ricerca dei materiali, che negli anni ’60 e ‘70  vedrà l’unanime utilizzazione di grandi pannelli modulari in cemento.

Per quanto riguarda la casa prefabbricata in grado di soddisfare esigenze proprie dell’individualità, in America alcuni architetti californiani, soprattutto nella regione di Los Angeles, avevano realizzato opere estremamente innovative e di alta qualità formale. Era stato pubblicato, un anno prima della cessazione del conflitto bellico, sulla rivista californiana Arts and Architecture un manifesto sulla ‘casa del dopoguerra’. I principi erano stati elaborati dall’editore stesso, John Entenza, dai suoi assistenti editoriali Charles e Ray Eames, con i contributi di Eero Saarinen e Buckminster Fuller. Perfettamente consapevoli della grande richiesta di nuove abitazioni che si apprestava, si rendevano anche conto che lo sforzo militare aveva prodotto cambiamenti sociali, economici e tecnologici tali che non si potevano ignorare e che materiali ed assemblaggi avrebbero dovuto definire la direzione dell'abitare del dopoguerra.Una casa unifamiliare, tutta per sé era la speranza e la giusta ricompensa per chi ritornava dopo tanti sacrifici. La strategia chiave di questa residenza moderna si compendiava nell’intelligente applicazione delle nuove tecniche di produzione, dei nuovi materiali e delle nuove competenze industriali. Il loro manifesto su questo innovativo sistema prefinito è stato definito “una chiamata alle armi per conto della casa del dopoguerra”, l'opportunità e la necessità di promuovere una nuova architettura e non semplicemente un mezzo per affrontare richieste a breve termine, come una sorta di “tappabuchi”.
  Gerbert Rappaport Cherrytown, Cheryomushki.  'Flying Panels - How Concrete Panels Changed the World' Exhbit. Archivi FN. 

Nelle varie parti d’Europa la prefabbricazione risponderà con i requisiti più appropriati che il generale desolante quadro di distruzione, degrado e penuria di alloggi di fine guerra reclamava ma il suo utilizzo assisterà a reazioni ed impieghi molto diversi, determinati dai postulati ideologici della volontà politica vigente.In Italia le varie esposizioni della Triennale di Milano, a partire dagli anni ’30, avevano cominciato ad affrontare il tema della modularità, con una serie di iniziative volte ad approfondire aspetti in grado di fornire un arricchimento ad una “customizzazione”, intesa nell’ottica di un linguaggio non solamente di pura convenienza funzionale. Si assisterà ad un periodo per così dire preparatorio alla vera e propria industrializzazione con tentativi pionieristici finalizzati a studiare e prototipizzare con successo il nuovo metodo in via sperimentale, protesi nello sforzo finale dell’affermazione di un’autorialità artistica. Architetti e designer italiani dovevano cercare di adattare la limitata diffusione dei loro prodotti, contraddistinti dalla prerogativa di un’eccellenza artigianale, a quella recente espansione del mercato che, prevedendo un pubblico più vasto, richiedeva prodotti di qualità elevata a costi accessibili. Diventava quindi gradatamente sempre più indispensabile una stretta collaborazione tra il mondo della creatività e quello della produzione. La mostra della X Triennale nel 1954 dedicava particolare attenzione a quegli elementi costruttivi prefabbricati che, appartenenti anche ad altri mercati, come quello francese ed inglese, progressivamente sempre più perfezionati e ricercati, potessero soddisfare alti requisiti tecnici, ma anche fornire stimoli di libertà compositiva. La nuova tecnica entrerà definitivamente nella semantica comune con la meccanizzazione dei cantieri.

Virginia Cucchi

Crediti:

Fotos: 
cover: 'Flying Panels - How Concrete Panels Changed the World' Exhbit. Archivi FN.  Foto di Aleksandr Deyneka Building Peace 1960 sketch, Mural Mosaic First National Art Exhibition of Soviet Russia, Tretyakov Gallery
01-04: One Week, Buston Keaton's Film. 
05-07: Sears, Roebuck and Company con il suo ‘Catalog Modern House’. 
08-11: Puutalo Oy, Finlandia. 'New Standards’, 17° Biennale di Architettura di Venezia. Foto dal Padiglione Finlandese/credits Elka Archive.
12:  Lisbona,1755,  dipinto del violento terremoto e maremoto. Foto di Wiki/Public Domain 
13-15: 'Flying Panels - How Concrete Panels Changed the World' Exhbit. Archivi FN. 14- Gerbert Rappaport Cherrytown, Cheryomushki, 1963, 15- Sune Sundahl Installation Large Concrete Panels in Residential Buildings


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