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Lewis Carroll fa pronunciare ad Alice queste parole nell’istante in cui si accinge a vivere la sua irripetibile esperienza ‘Attraverso lo Specchio’: “Oh, pensa a come sarebbe bello se potessimo passare attraverso lo specchio! Sono sicura che ci sono delle cose bellissime là dentro! Facciamo che ci sia un modo per passarci attraverso, facciamo che sia diventato tutto come un leggero velo di nebbia...ma guarda...si trasforma! Sarà facile passare adesso!”.
Non è proprio un velo di nebbia che si deve attraversare ma è piuttosto il linguaggio di una geometria molto allusiva, tracciata da 300 pali in acciaio inossidabile lucido, disposti in sequenza regolare, tutti con un’inclinazione di 10 gradi, che a Palm Desert ci attira con forza magnetica entro uno spazio che sembra promettere di congiungerci con energie ancestrali. Nella vastità del luogo completamente desolato, in cui l’assenza di tutto amplifica con contrasti di incredibile lirismo la bellezza e potenza di elementi e fenomeni atmosferici primordiali, si evidenzia questa linea che, emanando la seduzione di un miraggio, indica il cerchio magico che racchiude. S’impone e poi gradualmente sfuma nella sabbia e nelle tonalità del cielo, guidando al punto verso cui convergere, preannunciando un’esperienza esoterica, momenti comunque di contemplazione e totalità.
'The Circle of Land and Sky ‘, di Phillip K. Smith III concepito nel 2017 per la prima edizione di Desert X. Foto di Ken Larmon/Flickr.
Phillip K. Smith III, artista ed architetto americano, artefice di questa estesa installazione atmosferica, ‘The Circle of Land and Sky’, concepita nel 2017 per la prima edizione di Desert X, è profondamente legato a questo paesaggio in cui è cresciuto e dove ha il proprio studio e lavora. Crea opere prevalentemente su larga scala ed in contesti naturali, come appunto il deserto e le spiagge oceaniche, di cui ama intensificare l’incanto e la suggestività. Talora si raffronta, anche se con meno frequenza, con l’ambito urbano, come ha fatto a Milano nel 2018, in occasione di un Fuorisalone, nella corte di Palazzo Isimbardi, in Corso Monforte, cercando con ‘Open Sky’, composizione sfaccettata convessa di enormi lastre di acciaio inossidabile lucidato, un amalgama tra cielo ed architettura. Il suo intervento, con questa raggiunta simbiosi, ha conferito alla storica locazione un clima particolarmente adatto per astrarsi dal traffico cittadino e dedicare un po' del proprio tempo alla riflessione. Smith, definito a ragione “un operatore di luce, un alchimista, un inventore ed un mago”, è perfettamente consapevole che volere “esperienze potenti e memorabili che non siamo in grado di spiegare completamente’ è parte della natura umana, convinto che “desideriamo mistero e bellezza poiché ci ricordano l'unità, l'amore, l'immensità e la complessità incomprensibile che esistono nel mondo”.

'The Circle of Land and Sky ‘, di Phillip K. Smith III concepito nel 2017 per la prima edizione di Desert X. Foto di Ken Larmon/Flickr.

'Open Sky ‘ x COS, di Phillip K. Smith III Fuorisalone, nella corte di Palazzo Isimbardi, in Corso Monforte. Foto di COS/cortesia archivi/Salone.
Lo specchio offre spesso la sua complicità ad artisti e ci provoca, a volte assimilandosi quasi mimeticamente con il circondario ed utilizzando la forte attrattività estetica, per indurci ad una pura ammirazione estatica, a volte, sempre avvalendosi della percezione visiva del bello, intendendo farci riflettere su quanto stiamo perdendo, su minacce incombenti e sull’urgenza di assumerci responsabilità. Impoverimento del suolo, fragilità di un ecosistema ed alterazione della biosfera sono alcuni dei temi che scuotono le nostre coscienze e polarizzano la nostra attenzione.
'Human (Nature)', di ICY & SOT, Tbilisi, Georgia. 2017. Foto cortesia di ICY & SOT.
ICY & SOT, noti come i due fratelli della street art, originari della città di Tabriz, in Iran, producono opere che, soprattutto a causa del sistema di censura intollerante del loro paese, sono alimentate dal dissenso politico e dalla protesta sociale. Il loro impegno, oltre ad esprimersi con attivismo nei confronti di quelle ingiustizie che non dovrebbero contraddistinguere una società civile, si è più recentemente rivolto anche ad un’azione di sensibilizzazione, a sostegno e tutela dell’ecosistema. ‘Human (Nature)’ inaugura nel 2017 una serie di installazioni che, condannando il consumo ed i rifiuti, duplice piaga che sta irreparabilmente danneggiando il nostro pianeta, auspicano provocare una reazione verso il cambiamento ed una maggiore responsabilizzazione personale. Una superficie specchiata che riproduce le sembianze di una figura umana, distesa in una vasta radura di Tbilisi, in Georgia, riflette il cielo sovrastante, evidenziando le modeste dimensioni dell’uomo a confronto dell’estesa macchia verde. ‘Nature’s Reflection’ lascia liberi di interpretare la sua enigmatica presenza, anche se con tutta probabilità intende suggerire metaforicamente la fossa che l’uomo sta scavandosi con le sue stesse mani in un terreno abusato ma che gli sopravviverà. L’azzurro intenso del cielo riflesso potrebbe anche alludere ad un’altra urgente calamità, la scomparsa di una preziosa, vitale risorsa, l’acqua, ingoiata con l’uomo dentro la sua fossa.
Un altro artista americano, servendosi dell’immagine speculare, ha realizzato diverse installazioni site-specific evidenziando l’imprescindibile legame che dovrebbe sussistere tra contesto ed architettura. Una di queste creazioni è stata concepita per la prima edizione, tenutasi nel 2017, di Desert X, art festival organizzato con la partecipazione di artisti internazionali, non lontano da Palm Springs, nella valle compresa tra Whitewater Preserve e Coachella, nella California meridionale, con l’intento di amplificare ed esaltare il fascino di una natura arida e desolata come quella del deserto e di stabilire un dialogo interculturale, al di fuori dei muri un po' soffocanti di musei e gallerie, su temi di vasta risonanza globale.
'Mirage Gstaad', di Doug Aitken, concepito nel 2017 per la prima edizione di Desert X. Foto di Ken Larmon/Flickr.
Doug Aitken, conosciuto per cercare sintesi cinetiche interattive attraverso l’uso di un certo numero di media, ha presentato, in mezzo al nulla ‘Mirage’, una piccola struttura di casa, stile ranch completamente rivestita di specchi, che “funziona come un prisma policromo dei colori del deserto nel vasto paesaggio naturale”. Esprimendosi con un linguaggio che contamina tra loro quello architettonico e quello della Land Art, ‘Mirage’ “distilla la riconoscibile e ripetitiva casa suburbana nell'essenza delle sue linee, riflettendosi e scomparendo nel vasto paesaggio occidentale”. L’edificio sfuma la banalità della ripetitività anonima di certa periferia americana del dopoguerra per connotarsi con una nuova, sorprendente originalità. Nel 2019 Aitken, decidendo, con un tono direi polemico, di “abbracciare il banale in opposizione a considerare il regionale come esotico” ha installato l'identico tipo di casa, ‘Mirage Gstaad’, nella località alpina di Gstaad, nel cantone svizzero di Berna, in occasione di un altro festival, Elevation 1049. Ancora una volta la luce naturale e le condizioni meteorologiche mutevoli hanno illuminato e conferito vita all’opera, che, divenuta “la somma del paesaggio circostante”, mostra “in una forma quasi camaleontica” un vero rispetto per l’ambiente naturale.

'Mirage Gstaad', Doug Aitken, concepito per Elevation 1049: Frequencies, nel 2019. Foto di Torvioll Jashari, cortesia dell'artista & Luma Foundation.

'Mirage Detroit', Doug Aitken, Detroit, 2018. Foto di Lance Gerber, cortesia dell'artista and Library Street Collective.
Queste varie strutture minimali, sculture geometriche a forma di casa, case anonime di cui non ricordi l’architettura, nonostante l’apparente uniformità, acquisiscono ognuna, strappate da un evidente banalità, una precisa, distinta identità. La luce diviene un ingrediente di fondamentale importanza che aiuta ad intessere trame. Ogni visitatore vivrà un'esperienza unica e leggerà una narrazione diversa. Le loro pelli hanno imparato a raccontare una storia che parla di interazione con un paesaggio amato e rispettato, che non si vuole soffocare per un’ennesima costruzione senz’anima e senza personalità.
Virginia Cucchi
Crediti:
Doug Aitken: https://www.dougaitkenworkshop.com/
Phillip K. Smith III: https://www.pks3.com/
Murray Fredericks: https://murrayfredericks.com/
ICY & SOT: https://icyandsot.com/
Luma Foundation: https://www.luma-arles.org/luma/home.html
Library Street Collective: https://www.lscgallery.com/
Desert X: https://desertx.org/
Cover: Doug Aitken, Mirage Gstaad, 2019. Part of Elevation 1049: Frequencies, Gstaad, Switzerland. Image courtesy of the Artist and Luma Foundation; Photo Torvioll Jashari.
01: Doug Aitken, Mirage Gstaad, 2019. Part of Elevation 1049: Frequencies, Gstaad, Switzerland. Image courtesy of the Artist and Luma Foundation; Photo Torvioll Jashari.
02-03: Phillip K. Smith III, The Circle of Land and Sky. Part of the first edition of Desert X in 2017. Photo by Ken Larmon/Flickr
04: Phillip K. Smith III, Open Sky at Milan’s Fuorisalone, in the courtyard of Palazzo Isimbardi, 2018. Photo courtesy/archive COS.
05: Doug Aitken, Mirage, 2017. Part of the first edition of Desert X in 2017. Photo by Ken Larmon/Flickr
06-07: Doug Aitken, Mirage, 2017. Part of the first edition of Desert X in 2017. Photo by Darek/Flickr
08: Doug Aitken, Mirage, 2017. Part of the first edition of Desert X in 2017. Photo by Binx/Flickr
09-10: ICY&SOT, Human (Nature)' ,Tbilisi, Georgia. 2017.
11-13, 15-16, 19 : Doug Aitken, Mirage Gstaad, 2019. Part of Elevation 1049: Frequencies, Gstaad, Switzerland. Image courtesy of the Artist and Luma Foundation; Photo Torvioll Jashari.
14, 17-18 : Doug Aitken, Mirage Gstaad, 2019. Part of Elevation 1049: Frequencies, Gstaad, Switzerland. Image courtesy of the Artist and Luma Foundation; Photo Stefan Altenburger.
20-23 : Doug Aitken, Mirage Detroit, 2018. Photo by Lance Gerber. Image courtesy of the Artist and Library Street Collective