21-04-2022

Mani, testa e cuore: le eccellenze artigiane a Homo Faber 2022

Venezia, Italia,

Antonella Galli, Design,

La Fondazione Cini, sull’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, è sede della seconda e spettacolare edizione di Homo Faber, manifestazione organizzata da Michelangelo Foundation e dedicata all’artigianato contemporaneo. Prodigi e segreti dei mestieri d’arte si svelano in 15 mostre, visibili fino al 1° maggio. Il Giappone, ospite d’onore, intreccia un dialogo con le culture europee.



Mani, testa e cuore: le eccellenze artigiane a Homo Faber 2022

Passo dopo passo, meraviglia dopo meraviglia: negli spazi antichi e suggestivi della Fondazione Cini, sull’isola veneziana di San Giorgio Maggiore, la realtà prosaica e spietata del mondo sembra acquietarsi per un momento e cedere il passo all’incanto sempre vivo della bellezza. Il merito è di Homo Faber, un evento articolato e immaginifico organizzato dalla Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship per celebrare il talento artigianale internazionale e, soprattutto, contemporaneo. Giunto alla seconda edizione (tanto attesa dopo i continui rimandi causa Covid), Homo Faber 2022 è dedicato a ‘I Tesori Viventi d’Europa e del Giappone’ e mette in dialogo, su più livelli, la cultura artigianale giapponese con quelle europee. Le quindici mostre che compongono l’evento, dislocate in diverse aree della Fondazione Cini, sono incentrate su abilità e materiali differenti, dal vetro alla carta, dalla porcellana al metallo, dal tessuto alla meccanica fine costruita con processi interamente manuali. I curatori delle mostre, provenienti da tutto il mondo e coordinati dal curatore generale Alberto Cavalli, compongono una squadra variegata ed eccellente, che include Naoto Fukasawa, Stefano Boeri, Judith Clarck, Michele De Lucchi, Bob Wilson, Sebastian Herkner, per citarne solo alcuni.

Molte delle mostre instaurano un dialogo con gli spazi della Fondazione, antica abbazia benedettina, come - ad esempio - Porcelain Virtuosity, ambientata nella biblioteca del Longhena, una lunga aula con imponenti armadiature barocche in noce alle pareti e il pavimento a grandi losanghe marmoree. Curata da David Caméo e Frédéric Bodet, la mostra riunisce creazioni in porcellana dall’approccio innovativo, accanto ad altre che rileggono tecniche antiche che hanno reso celebre questo materiale. Aprono la rassegna due cabinet in legno di castagno firmati dai fratelli brasiliani Campana con Bernardaud, rivestiti di piastrelle in porcellana: il primo, Flora Brasilis, è in rosa e azzurro con disegni organici, mentre il secondo, Fauna Brasilis, è a motivi circolari e regolari, sui toni dell’oro e del nero.

Seguono, disposte sui tavoli come in un cabinet de curiosités, creazioni di artisti e ceramisti realizzate in collaborazione con le grandi manifatture europee, che rileggono la sensuale preziosità della porcellana. L’occhio si sofferma su creazioni magnetiche, come la delicata Lightscape Collection di Ruth Gurvich per la manifattura di Nymphenburg, composta da ciotole, vasi e vasetti dalle linee dolcemente imperfette; o come la strabiliante scultura The Ultimate Metamorphosis of Thetis, realizzata appositamente dallo scultore ceramista francese Grégoire Scalabre: un grande crogiolo inclinato ricoperto da 60.000 micro-vasi di porcellana, tutti torniti a mano dall’artista e smaltati in un colore scelto dalla tavolozza della manifattura di Sèvres, che appare come uno sciame subacqueo colto nel suo movimento nelle acque della laguna.

Anche la Sala del Cenacolo palladiano è stata trasformata in un recinto quasi sacrale grazie all’installazione che espone i lavori di dodici Tesori viventi (così chiamano in Giappone i grandi maestri artigiani), dal titolo 12 Stone Garden e curata da Naoto Fukasawa e Tokugo Uchida. Nelle grandi ciotole in porcellana o in terracotta smaltata, nei piatti in legno laccato, nei vasi in argento, nei cesti in bambù intrecciato o nelle stoffe preziose dei kimono si coglie un identico tratto minimale, quasi silente, tutto concentrato sulla perfezione dei dettagli più che sull’effetto coloristico o formale.

Naoto Fukasawa ci racconta: “Il designer e l’artigiano condividono la stessa mentalità e gli stessi obiettivi: lo spirito è identico. Ma la modalità è diversa, anche se spesso lavorano insieme. Gli artigiani vanno tutelati perché portano con sé un sapere unico, che può scomparire con loro. Le loro opere sono un condensato di qualità.” Ascoltandolo, penso che sarebbe bellissimo che anche in Italia gli artigiani venissero considerati come tesori viventi. Non è così, purtroppo; almeno, non ancora. Ma Homo Faber ha aperto la strada.

Antonella Galli

Tutte le immagini sono Courtesy of Michelangelo Foundation, tranne la 02, Courtesy of the Fondazione Giorgio Cini.

01 Lorenzo Foglia, Polpo (mostra Italy and Japan, Marvellous Liaisons), ph. Simone Padovani
02 Isola di San Giorgio Maggiore, ph. Matteo De Fina
03 Il gruppo dei curatori di Homo Faber 2022, ph. Laila Pozzo
04 Porcelain Virtuosity, curata da David Caméo e Frédéric Bodet, Homo Faber Event 2022, ph. Alessandra Chemollo
05, 07, 08 Grégoire Scalabre, The Ultimate Metamorphosis of Thetis (mostra Porcelain Virtuosity), ph. Simone Padovani
06 12 Stone Garden, curata da Naoto Fukasawa e Tokugo Uchida, Homo Faber Event 2022, ph. Simone Padovani
09 Katsuyo Aoki, Predictive Dream and Loom (mostra Porcelain Virtuosity), ph. Alessandra Chemollo
10 Bouke de Vries, Guan Yin in a Sky of Saucers (mostra Porcelain Virtuosity), ph. Alessandra Chemollo
11 Tracing Venice, a cura di Studio Zanellato Bortotto e De Castelli, Homo Faber Event 2022, ph. Alessandra Chemollo
12 Panel Tracing Venice, artigiani di De Castelli, concept Zanellato Bortotto, ph. Alberto Parise
13-15 WAITING for peace and darkness, curata da Robert Wilson, Homo Faber Event 2022, ph. Alessandra Chemollo


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