24-09-2019

ONSTAGE: INTERVISTA CON RICHARD ENGLAND Parte 2

Richard England,

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"Il mondo non è mai silenzioso, anche il suo silenzio risuona eternamente con le stesse note, in vibrazioni che sfuggono alle nostre orecchie." - Albert Camus



ONSTAGE: INTERVISTA CON RICHARD ENGLAND Parte 2

SILENZIO NELLA PITTURA
"La pittura è una poesia silenziosa” Plutarco.
I silenzi nella pittura si esprimono in tela bianca o in tinta unita. La prima immagine monocromatica registrata risale al 1617 e appare come un'illustrazione completamente nera che vuole rappresentare l'oscurità in un libro del filosofo occultista, cabalista, medico Robert Fludd. Probabilmente la tela bianca più famosa rimane quella dipinta dal Suprematista russo Kazimir Malevich nel 1918, un quadrato bianco steso su uno sfondo con tonalità più calde. Ancor prima di questo bianco su tela bianca, Malevich aveva prodotto nel 1915 una tela interamente nera intitolata ‘Quadrato Nero’. La sua filosofia era quella di annullare la rappresentazione nell'arte e sostituirla con il discorso ed il dibattito intellettuale.
Tuttavia fu nel movimento dell'Espressionismo Astratto degli anni '50 che i dipinti bianchi proliferarono, non riguardando più nulla se non gli artisti stessi. Il già citato Robert Rauschenberg aderi’ all’epoca a questa corrente e nel 1951 esibì un lavoro composto da diversi pannelli completamente dipinti di bianco. Si trattava, a detta dell’autore, di un'opera visiva parallela al brano sperimentale 4’33" del musicista John Cage. Influenzata, come quest’ultimo, dall'atmosfera ambientale: le sue ombre, la luce e la polvere. Rauschenber riteneva che l’opera non fosse statica ma dinamica, non avendo il controllo in sé ma dipendendo interamente da ciò che la circondava: l'atmosfera in cui era stato appeso il dipinto era per lui il fattore determinante che contribuiva a quello che definiva il ‘dinamismo’ dell'opera.

Anche ad Yves Klein si puo' attribuire una vasta serie di dipinti monocromatici, ‘Klein blue’, influenzati dal suo interesse per varie filosofie religiose e dagli scritti del filosofo francese Gaston Bachelard, in particolare le parole del saggio ‘Air and Dreams’: "Prima non c'è nulla, poi un nulla profondo, poi una profondità blu". Klein affermava che "il blu non ha dimensione, è oltre la dimensione” e, in un certo senso i suoi dipinti erano una dicotomia visiva tra l'essere ed il non essere. Rispetto a molti altri artisti degli anni '50 che lavoravano in questo genere, il suo lavoro, che includeva anche la poesia e la composizione musicale, era più legato allo spirituale e al trascendente che alla materialità. Ad Reinhardt, come Rauschenberg, fu un espressionista astratto che dipingeva solo tele nere. Le considerava come "pure, astratte, non oggettive e senza tempo”, dipinti che contrastavano le teorie precedenti secondo cui un’opera doveva significare qualcosa. Frank Stella, il costruttivista russo Alexander Rodchenko, Barnett Newman e Mark Rothko sono altri creatori di tele bianche monocromatiche. Tutti condividevano ciò che Igor Stravinsky aveva detto sulla musica: "la musica non è in grado di esprimere altro che se stessa”. Frank Stella lo ha tradotto nel regno della pittura quando ha affermato che "quello che vedi è ciò che vedi". Queste tele vuote monocromatiche possono essere viste come tentativi di comunicare calma, tranquillità e serenità; rappresentazioni visive del vuoto che pero’ trasmettono pienezza. Gli artisti tentavano di liberare l'arte dalla rappresentazione figurativa in modo che l'osservatore potesse concentrarsi esclusivamente sul dipinto stesso e non essere distratto da immagini rappresentative. In contrasto con la minimizzazione uditiva musicale, queste tele hanno introdotto i loro osservatori alla minimizzazione visiva. In entrambi i casi l'eliminazione ha dimostrato che meno può effettivamente essere di piu’.

SILENZIO IN ARCHITETTURA
"Il silenzio dell'architettura è un silenzio che da’ risposte ricordando Juhani Pallasmaa. 
Elaborando un progetto architettonico, due elementi formano il vero nucleo dell’edificio che si manifestera’: le richieste del cliente e le peculiarita’ del sito e del contesto circostante. Per comprendere appieno i requisiti e le esigenze del primo e le vibrazioni del secondo, l'architetto deve ascoltare attentamente e gli sono indispensabili momenti di quiete e silenzio, fonti e catalizzatori per una piena comprensione, soglia d’accesso alla successiva creazione di un concetto. Un pieno intendimento del brief è essenziale in quanto l'architettura, un’arte che offre innanzitutto un servizio,  rappresenta la soluzione a particolari necessita’. Un brief ben scritto e ben definito è fondamentale. Solo conoscendo le restrizioni e le limitazioni imposte, il professionista può capire i suoi parametri e la libertà di azione."Ascolta le voci del sito, ti diranno che cosa vuole diventare il sito". 

Familiarizzazione con questo e con la sua identita’ sono essenziali per l'intero processo di progettazione. Il contesto nel quale è collocato un edificio è significativo quanto le istanze del progetto stesso.
In silenzio il progettista deve utilizzare tutti i suoi sensi: toccare il suolo, ascoltare il vento, annusare l'aroma, respirare l'aria percependo la poetica del luogo. Solo allora il sito farà sapere cosa vuole diventare. Nei tempi antichi, quando gli architetti erano maghi, sciamani, alchimisti e sommi sacerdoti, sembrava che avessero un'affinità più potente con la terra, le sue linee energetiche, gli allineamenti geografici e astronomici, poiché quella era un'epoca in cui terra e cielo avevano più significato. La lettura del contesto, le sue voci silenziose e le sue proprietà fisiche venivano assorbite e fornivano le linee guida per la realizzazione degli edifici. Forse era il silenzio dell'epoca a favorire maggiormente l'ascolto e la comprensione di queste voci. Erano tempi in cui l'architettura era ancora una strada verso l'incanto e l'uomo in armonia con la natura e forse varrebbe la pena considerare che, anche se abbiamo ancora molto da imparare, abbiamo più da ricordare.

Dopo aver studiato il clima, la pioggia, il vento, le luci e le ombre della situazione prescelta e valutato il bagaglio mnemonico, la geografia e la topografia del terreno su cui si dovra’ costruire, vale la pena di rievocare le parole di Jorge Luis Borges: "è più importante sentire un posto che vederlo". E’ come la geografia della situazione logistica influenza la geografia della mente, perché per comprendere un posto bisogna conoscere non solo le sue qualità ma anche i suoi ricordi. È dopo aver assimilato le indicazioni della committenza, le caratteristiche ed esigenze del posto che l'architetto può concepire i parametri concettuali di una soluzione. Nuovamente il silenzio diventa un requisito essenziale per la creatività; a conferma delle parole di Einstein, ”il silenzio stimola il cervello" e fornisce una piattaforma per la ricerca percettiva cerebrale esplorativa. Dopo la messa a punto del concetto iniziale, e’ d’obbligo una nuova pausa di riflessione: la reazione dell'architetto nei confronti dell'opera creata può forse essere di eccessiva autosoddisfazione e troppo soggettiva. Un nuovo intervallo di silenzio dà tempo per un punto di vista più distaccato ed oggettivo, che spesso conduce alla necessità di revisioni o aggiustamenti.



LA REALIZZAZIONE DI SPAZI SILENZIOSI
"Per me gli edifici possono avere un bellissimo silenzio …" Peter Zumthor
La mia propensione per la creazione di spazi silenziosi si riflette su tutta la mia filosofia di architettura. Ho sempre creduto nelle parole del poeta argentino Jorge Luis Borges, ”il mio lavoro è quello di tessere sogni" e che, alla fine, il compito dell'architetto è quello di rendere l'ordinario straordinario.
Nel libro di Paul Valéry, ‘Eupalinos o l'architetto’, l'autore fa riferimento a un discorso platonico immaginario tra Socrate, Fedro ed Eupalinos, dove quest'ultimo si riferisce ad edifici muti, alcuni che parlano e quelli più rari che cantano. Il mio obiettivo è sempre stato quello di liricizzare gli spazi e di produrre, almeno spero, edifici che accolgano toni di una musica silenziosa.
Forse a causa della natura della mia isola nativa, infestata dal barocco, sono stato attirato, al contrario, verso la creazione di spazi di limpido silenzio ed austerità. Eppure la ricerca è quella di un silenzio che non è vuoto ma appagante e pregnante, un silenzio di comunicazione che coccola, avvolge, conforta e canta. La ricerca è quella di creare luoghi in cui ci si può fermare, sostare e dove si può tacere e stare in silenzio.

Gli Indiani d'America hanno un nome per il suono non vibrato che chiamano ANAHATA, un silenzio sentito. È esattamente questa forma di silenzio che cerco nei miei progetti. Purtroppo viviamo in un'epoca in cui conosciamo il prezzo di tutto e il valore di nulla. Tutto ora e’ misurato in base al valore monetario. Il silenzio purtroppo è passato di moda; non ha più un posto da protagonista nel nostro stile di vita. Il nostro tipo di vita secolare, cacofonico e tecnologicamente orientato lo preclude. In un'epoca di fragore e rumore il silenzio è diventato una specie in via di estinzione. Fu Pascal che già nel 17° secolo predisse: "presto il silenzio passerà alla leggenda". Nei miei progetti, anche se essenzialmente ricerco un'architettura del silenzio, aspiro ad un'architettura che stimoli i nostri sensi, dove gli spazi possano plasmare lo stato d’animo e tutti e cinque i sensi siano coinvolti. Il mio credo è quello di creare soglie tra la realtà e il sogno in edifici che arricchiscano lo spirito ed elevino l'anima. Le parole del drammaturgo Tenessee Williams "non voglio la realtà, voglio la magia " esprimono al meglio la mia filosofia. Nel mio costante tentativo di creare arcadie pastorali e idilliache, come Urlik Plesner, credo che "gli edifici siano anche case dell'anima".
L'architettura è formata dalle tre dimensioni di lunghezza, larghezza e altezza, sperimentata dalla quarta dimensione del tempo, e sono convinto che possieda anche una quinta dimensione che sicuramente deve essere il silenzio. Il mio obiettivo rimane quello di fornire paradigmi di silenzio, scolpiti in ritmi, per tranquillizzare e lenire, concentrandosi su serenita’, calma e mancanza di turbamenti, luoghi che offrano:
Silenzio per il corpo
Silenzio per il cuore
Silenzio per la mente
Silenzio per l'anima
Silenzio per lo spirito

ALLA RICERCA DEGLI SPAZI SACRI
"Silenzio per l'incommensurabile, luce per il misurabile” Louis Kahn.
Nella realizzazione di spazi sacri il silenzio diventa ancora più una qualita’ essenziale. Obiettivo dei progetti sacri contemporanei è di assicurare che la congregazione dei fedeli si trovi in uno spazio privo di rumore e disturbo; uno spazio che ospiti un silenzio favorevole alla meditazione e alla preghiera.
Nella creazione di un'architettura di sacralità l'architetto cerca di evocare l'invisibile nel visto e tenta di elevare il materialista a un livello spirituale trascendentale. Non un compito da poco, poiché ci si misura con l’incommensurabile. L'architettura deve appartenere allo zeitgeist (tendenza culturale predominante) dell’epoca e aderire al suo sito; in altre parole, deve riflettere sia il tempo che lo spazio. Gli spazi sacri di oggi rimangono ancora un'evoluzione e uno sviluppo del ricco patrimonio del passato, ma devono anche interpretare ed accogliere gli attuali sviluppi teologici e liturgici. La chiesa contemporanea deve riunire il tempo e lo spazio sacro in un luogo di silenzio e quiescenza, per evocare il rituale della Presenza eterna. Orfani di spiritualità, oggigiorno releghiamo il sacro ed esaltiamo il secolare, ed il compito dell'architetto di portare il Divino nel terzo millennio è diventato ancora più arduo. La solitudine, il rifugio, la luce e il silenzio in particolare rimangono requisiti essenziali; il silenzio, forse, il requisito primario. Il silenzio di uno spazio sacro non deve tuttavia essere fatto di vuoto e di afonia, ma deve fornire le armonie terapeutiche della sacra ierofania; un silenzio che ha una voce coccolante, premurosa, avvolgente ed accogliente.

Per creare spazi sacri si deve concepirli nel silenzio con amore, e grande dedizione. Madre Teresa ci ricorda "più importante di quello che facciamo, è l'amore che mettiamo nel fare". La fede naturalmente è imprescindibile. Il mio mentore Gio Ponti aveva ragione quando affermava che "l'architettura religiosa è più una questione di fede e religione che di architettura". La scienza ci dice come, dove e quando, ma è solo attraverso la fede che forse possiamo scoprire perché. Il silenzio rimane irrinunciabile nel turbolento mondo travagliato di oggi. Lo stesso Papa Francesco insiste sulla necessità di "amare il silenzio, cercare il silenzio e coltivare il silenzio", e per citare nuovamente Madre Teresa "se ti rivolgerai a Dio nella preghiera e nel silenzio, Dio ti parlerà”. I sacri monasteri e priorati d'Europa, tutti concepiti in silenzio di preghiera, sono riusciti a trasmetterlo ai loro utenti, come per dimostrare che lo spazio architettonico non è solo un'entità fisica, ma anche un ambiente pieno di energia. Questi siti di culto, guardiani del silenzio e della solitudine, concepiti come promotori di riflessione e preghiera, sono luoghi in cui viene alterata la percezione del tempo e dello spazio. E’ Louis Khan a ricordarci ancora: "il silenzio è fonte basilare della creatività". Jonas Salk, lottando a lungo per risolvere il mistero della polio, riusci’ a decifrarlo negli ambienti contemplativi di un monastero di Assisi. Dichiaro’ che il silenzio e la solitudine dell'enclave monastica contribuirono ad infondergli un senso di calma che rendeva più acuto il suo modo di pensare, attestando le parole di Mark Hope: “nel rifugio e nel silenzio le campane della creativita’ possono suonare chiaramente”.

L’affermazione di Axel Munthe, "l'anima ha bisogno di più spazio del corpo" risuona in un'epoca in cui abbiamo un’estrema necessita’ di conforto e sollievo spirituale, un’età sterile spiritualmente e moralmente che ha un’esigenza imperiosa di questi spazi sacri silenziosi. Le mie intenzioni nella creazione di tali contesti sono al meglio sintetizzate da C.S. Lewis, "mentre altri stavano costruendo navi nelle loro bottiglie, stavo tentando di costruire un faro”. Cosi’ risuonano le parole di Chaim Potok "puoi ascoltare il silenzio e imparare da esso", e quelle di Nicholas Winding Refn "credo che il silenzio sia il suono più grande di tutti”.



2.  Ha citato in una sua intervista Bob Kaufman, come uno dei suoi autori preferiti e, dal quel momento, lo e’ diventato anche per me, che non lo conoscevo. Le sue poesie hanno una forza carismatica straordinaria come del resto era la sua personalita’. Kaufman usava pero’ il silenzio come atto di ribellione e protesta (mantenne voto di silenzio per 12 anni dalla morte di Kennedy, alla fine della Guerra del Vietnam) mentre lei, Richard, ne fa uso con finalita’ molto diverse. Puo’ trovare delle affinita’ tra il suo silenzio e quello dell’eccentrico ‘black American Rimbaud’?

SILENZIO DELLA PROTESTA
"Il silenzio a volte è la critica più severa”  Charles Buxton
I silenzi trattati nei paragrafi precedenti si riferiscono alla necessita’ di aumentare l'assenza di suono per fornire conforto e riposo dal fragore contemporaneo. Ciò rimane senza ombra di dubbio il suo aspetto più positivo e gratificante. C'è tuttavia un altro suo lato, quando è utilizzato come mezzo per dimostrare disapprovazione: il silenzio usato come forma di protesta non violenta. I principali esempi di protesta silenziosa includono l'incidente dei Giochi Olimpici messicani del 1968, quando due atleti neri vincitori hanno alzato il pugno guantato di nero sul podio della medaglia, e la marcia del 1963 su Washington, conclusasi con l'iconico discorso di Martin Luther King ‘ho un sogno’, forse la più grande protesta silenziosa e non violenta in assoluto. Una delle proteste silenziose personali più potenti e più lunghe è stata quella condotta dal poeta nero Beat Bob Kaufman. Fece un voto di silenzio di dieci anni dopo l'assassinio del presidente Kennedy nel 1963. Come buddista praticante intraprese anche un secondo periodo di silenzio nel 1978. Kaufman era un poeta californiano di generazione afroamericana Beat nato nel 1925. Le sue opere si concentravano sul jazz e le proteste sociali, tutte espresse in un linguaggio potente, acido e satirico, ma incredibilmente lirico e bello. Apparteneva a un gruppo che comprendeva Ginsberg, Ferlinghetti, Kerouac e Corso, ma era, al contrario, principalmente un poeta da ascoltare, con versi che enfatizzavano le parole tra lunghe pause di silenzio, che richiamavano i ritmi musicali del jazz. Una delle sue poesie si concentra in particolare sulla relazione suono-silenzio “il battito silenzioso fa battere il tamburo. Fa il tamburo, fa il battito, senza di esso non c'è tamburo. Non è il battito di chi batte il tamburo, il suo è molto rumoroso. Il battito silenzioso è battuto da chi non batte il tamburo, il suo battito silenzioso spazza via tutto il rumore, arriva prima e dopo ogni battito, lo senti nel mezzo, il suo suono è …”, poeta Bob Kaufman.

La preoccupazione di Kaufman per il silenzio è riassunta nella sua affermazione "la mia ambizione è di essere completamente dimenticato", riflettendo il suo desiderio per l'ultimo silenzio dell'oblio. Il suo voto di silenzio ed il rifiuto di parlare può essere letto come la più forte delle proteste; una forma di discorso che emana dall'assenza di parole; una potente protesta pacifica manifestata nel silenzio, come per confermare le parole di Jeff Thrussell "quando il silenzio viene usato come un'arma può ferire anche più delle parole". Nella sua poesia ‘The silent beat’, Kaufman si definisce "il suono del battito silenzioso". Scritto anni prima, anticipava i suoi dieci anni di silenzio. La sua poesia consisteva principalmente di richieste di silenzio e giustizia, provocatorie, ma non difensive. Il più alto tributo a questo poeta, non ancora eletto ai vertici della letteratura poetica, venne forse da sua moglie, "ogni volta che Bob parla è una gemma nella corona dell’oratoria”.
 


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