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Intervista a Massimo Iosa Ghini


Biografia

Prendendo spunto dalla sua recente mostra personale al MAMbo, Museo d'Arte Moderna di Bologna, l'architetto Massimo Iosa Ghini racconta la sua trentennale carriera e il suo contributo all'evoluzione della nostra società. Dalla moda al Bolidismo, dalle prime catene di negozi ai briefing center per IBM, dall'Oko office building di Mosca e al recente progetto Linea di Luce, riqualificazione della sede di Iris-FMG Fabbrica Marmi e Graniti.

Che cosa troveremo nella mostra del MAMbo di Bologna? Come inizia l’avventura di questi 30 anni?
La mostra al Mambo riflette quella che è stata la mia evoluzione personale, l'evoluzione del mondo del progetto e l'evoluzione della società e del costume del nostro paese. Parte dagli anni '80 che sono anni di grande propulsione e di grande forza. Il mio inizio è nel mondo della moda: non è un caso che nella mostra ci siano disegni fatti per Ferré, per Krizia e per vari stilisti dell'epoca.

Che cos’era il Bolidismo per cui lei, all’epoca giovanissimo, è diventato famoso e quale pensa che sia il messaggio portato fino ai giorni nostri?
Il manifesto del Bolidismo era legato all'idea di velocità. In quegli anni non c'era internet, quindi nel movimento c'era forse una sorta di precognizione dell’idea della simultaneità, di un mondo in cui l'informazione avrebbe viaggiato a una velocità assolutamente superiore, istantanea quasi. E la reazione nostra, di giovani architetti, è stata quella di rappresentare la velocità dentro la fisicità degli oggetti, dentro gli oggetti stessi.

Nella sua carriera ha lavorato molto nell’allestimento di negozi e showroom. Com’è cambiato il progetto del retail negli ultimi anni e come lei lo concepisce oggi?
I primi negozi di un certo rilievo di cui mi sono occupato sono stati i negozi Swatch. Dopo di che mi ha chiamato Elio Fiorucci a progettare dei punti vendita che già avevano un carattere di catena. Oggi è proprio questo il metodo, cioè la creazione di un concept e la sua applicazione nel mondo come sistema, in alcuni casi con numeri estremamente significativi.

Poi ci sono episodi di retail legati a marchi che non vendono un prodotto fisico. Recentemente abbiamo lavorato per i briefing center di IBM, che sono luoghi in cui l'azienda riceve il brief dal cliente in termini di software. Si tratta di una vendita vera e propria, non di un prodotto materiale, ma di un progetto. C'è in questo l'idea dello spostamento dall'atomo al bit.

Nella mostra del Mambo si incontrano casi di progetti realizzati per aziende italiane e per realtà straniere. Come cambia il rapporto di un progettista con la committenza?
Il sistema produttivo italiano ha generato la possibilità di coltivare la creatività. La nostra industria è fatta di piccole imprese ma molto flessibili e quindi in grado di affrontare progetti che le aziende internazionali non si sognerebbero mai di realizzare. La differenza è proprio questa: la capacità di mettere il cuore oltre l'ostacolo che noi abbiamo quasi per statuto, una capacità che bisogna continuare a sviluppare.

Ci racconti dell’Oko, centro residenziale e per uffici a Mosca, un importante progetto di interior design attualmente in corso.
L'Oko Office Building è un grosso complesso a Moscow city, che è il centro direzionale di Mosca. In questo progetto stiamo utilizzando le lastre di dimensione 150x300 cm che sono un'innovazione tecnologica importante degli ultimi anni sviluppata da Iris-FMG Fabbrica Marmi e Graniti, con finiture molto nuove. E' veramente un piacere vederle realizzate perché sono superfici che hanno pochissime fughe, con effetti visivi di grande valore, che io utilizzo sia a pavimento che, in parte, come rivestimento.


Una dichiarazione di Massimo Iosa Ghini sulla sostenibilità?
Io penso che la sostenibilità oggi sia riuscire a interpretare in vari modi l'idea che si deve salvaguardare energia, senza rinunciare all'aspetto della sorpresa, della scoperta. Perché è questo il punto: bisogna fare cose sostenibili ma belle!




Dopo aver lavorato al nuovo showroom nella sede storica di Iris-FMG Fabbrica Marmi e Graniti, ha completato il progetto con la riqualificazione dell’area esterna. Che cos’è Linea di luce?
Linea di Luce nasce dopo un percorso di progettazione degli showroom di Iris-FMG, in cui l'idea di partenza è la smaterializzazione. Lo showroom deve supportare il prodotto senza entrarne in competizione. L'idea madre è la trasparenza, la luce, poca materialità nei supporti a favore di una forza della lastra che si deve vedere in tutta la sua espressività.

L'idea della luce ci ha quindi guidato anche all'esterno, dove il prodotto si estrinseca in maniera più chiara nell'applicazione in uno spazio collettivo, in cui l'azienda si possa anche riconoscere in termini operativi, in cui possa organizzare degli incontri. Concettualmente si ottiene una sorta di abbraccio, perché lo spazio ha una forma curva che riprende i teatri della classicità greca.
Per me l'architettura è il progetto, ma anche appunto un luogo di dialogo che determina qualcosa di fisico, un manufatto che fa parte ormai della nostra cultura, dell'immaginario di tutti noi, che siamo cittadini di città.

(Mara Corradi)


Intervista

Prendendo spunto dalla sua recente mostra personale al MAMbo, Museo d'Arte Moderna di Bologna, l'architetto Massimo Iosa Ghini racconta la sua trentennale carriera e il suo contributo all'evoluzione della nostra società. Dalla moda al Bolidismo, dalle prime catene di negozi ai briefing center per IBM, dall'Oko office building di Mosca e al recente progetto Linea di Luce, riqualificazione della sede di Iris-FMG Fabbrica Marmi e Graniti.

Che cosa troveremo nella mostra del MAMbo di Bologna? Come inizia l’avventura di questi 30 anni?
La mostra al Mambo riflette quella che è stata la mia evoluzione personale, l'evoluzione del mondo del progetto e l'evoluzione della società e del costume del nostro paese. Parte dagli anni '80 che sono anni di grande propulsione e di grande forza. Il mio inizio è nel mondo della moda: non è un caso che nella mostra ci siano disegni fatti per Ferré, per Krizia e per vari stilisti dell'epoca.

Che cos’era il Bolidismo per cui lei, all’epoca giovanissimo, è diventato famoso e quale pensa che sia il messaggio portato fino ai giorni nostri?
Il manifesto del Bolidismo era legato all'idea di velocità. In quegli anni non c'era internet, quindi nel movimento c'era forse una sorta di precognizione dell’idea della simultaneità, di un mondo in cui l'informazione avrebbe viaggiato a una velocità assolutamente superiore, istantanea quasi. E la reazione nostra, di giovani architetti, è stata quella di rappresentare la velocità dentro la fisicità degli oggetti, dentro gli oggetti stessi.

Nella sua carriera ha lavorato molto nell’allestimento di negozi e showroom. Com’è cambiato il progetto del retail negli ultimi anni e come lei lo concepisce oggi?
I primi negozi di un certo rilievo di cui mi sono occupato sono stati i negozi Swatch. Dopo di che mi ha chiamato Elio Fiorucci a progettare dei punti vendita che già avevano un carattere di catena. Oggi è proprio questo il metodo, cioè la creazione di un concept e la sua applicazione nel mondo come sistema, in alcuni casi con numeri estremamente significativi.

Poi ci sono episodi di retail legati a marchi che non vendono un prodotto fisico. Recentemente abbiamo lavorato per i briefing center di IBM, che sono luoghi in cui l'azienda riceve il brief dal cliente in termini di software. Si tratta di una vendita vera e propria, non di un prodotto materiale, ma di un progetto. C'è in questo l'idea dello spostamento dall'atomo al bit.

Nella mostra del Mambo si incontrano casi di progetti realizzati per aziende italiane e per realtà straniere. Come cambia il rapporto di un progettista con la committenza?
Il sistema produttivo italiano ha generato la possibilità di coltivare la creatività. La nostra industria è fatta di piccole imprese ma molto flessibili e quindi in grado di affrontare progetti che le aziende internazionali non si sognerebbero mai di realizzare. La differenza è proprio questa: la capacità di mettere il cuore oltre l'ostacolo che noi abbiamo quasi per statuto, una capacità che bisogna continuare a sviluppare.

Ci racconti dell’Oko, centro residenziale e per uffici a Mosca, un importante progetto di interior design attualmente in corso.
L'Oko Office Building è un grosso complesso a Moscow city, che è il centro direzionale di Mosca. In questo progetto stiamo utilizzando le lastre di dimensione 150x300 cm che sono un'innovazione tecnologica importante degli ultimi anni sviluppata da Iris-FMG Fabbrica Marmi e Graniti, con finiture molto nuove. E' veramente un piacere vederle realizzate perché sono superfici che hanno pochissime fughe, con effetti visivi di grande valore, che io utilizzo sia a pavimento che, in parte, come rivestimento.


Una dichiarazione di Massimo Iosa Ghini sulla sostenibilità?
Io penso che la sostenibilità oggi sia riuscire a interpretare in vari modi l'idea che si deve salvaguardare energia, senza rinunciare all'aspetto della sorpresa, della scoperta. Perché è questo il punto: bisogna fare cose sostenibili ma belle!




Dopo aver lavorato al nuovo showroom nella sede storica di Iris-FMG Fabbrica Marmi e Graniti, ha completato il progetto con la riqualificazione dell’area esterna. Che cos’è Linea di luce?
Linea di Luce nasce dopo un percorso di progettazione degli showroom di Iris-FMG, in cui l'idea di partenza è la smaterializzazione. Lo showroom deve supportare il prodotto senza entrarne in competizione. L'idea madre è la trasparenza, la luce, poca materialità nei supporti a favore di una forza della lastra che si deve vedere in tutta la sua espressività.

L'idea della luce ci ha quindi guidato anche all'esterno, dove il prodotto si estrinseca in maniera più chiara nell'applicazione in uno spazio collettivo, in cui l'azienda si possa anche riconoscere in termini operativi, in cui possa organizzare degli incontri. Concettualmente si ottiene una sorta di abbraccio, perché lo spazio ha una forma curva che riprende i teatri della classicità greca.
Per me l'architettura è il progetto, ma anche appunto un luogo di dialogo che determina qualcosa di fisico, un manufatto che fa parte ormai della nostra cultura, dell'immaginario di tutti noi, che siamo cittadini di città.

(Mara Corradi)

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